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Egidio Duni musicista dell’opera seria di Metastasio
Ai valori e alla virtù nei drammi di Metastasio
guarda anche l’invenzione musicale di Egidio Romualdo Duni che,
quasi all’esordio come compositore dell’opera seria, dopo
avere intonato al Teatro Tor di Nona (proprietà ora del banchiere
Ferdinando Minucci, tesoriere della Camera apostolica, e di Antonio Vaini,
gran priore dell’Ordine di Malta, entrambi ancora nel possesso anche
del Teatro delle Dame) il Nerone di
Francesco Silvani nel 1735, l’anno dopo, nello stesso Tor di Nona,
si cimenta proprio nel mettere in musica quell’Adriano
in Siria pieno di rinvii ed imprestiti dal Catone
in Utica.
La vita del Duni tra il 1730, anno del declino del suo
protettore il cardinale Niccolò Coscia, e il 1735 è ancora
avvolta nel mistero. Messo in musica, forse a Prato, l’Alessandro
nell’Indie nel carnevale del 1736, l’ipotesi
della permanenza a Roma sembra suffragata dall’ottenimento dell’incarico
da parte degli impresari del Tor di Nona a mettere in musica il libretto
del famoso Francesco Silvani ed uno del ben più famoso e in auge
Pietro Metastasio. E’ il 1736, e l’Adriano in
Siria è già stato messo in musica con straordinario
successo da Gianbattista Pergolesi al S. Bartolomeo di Napoli appena nel
1734, cioè due anni prima che al Duni sia offerta l’opportunità
di dare le sue musiche al dramma di Metastasio, già dotato di numerose
intonazioni e rappresentazioni in tutta Europa. La formazione musicale
del Duni presso la scuola napoletana e, sembra, sotto la guida di Francesco
Durante, a contatto con gli altri compositori napoletani e in particolare
proprio con il Pergolesi, sembra convalidare l’incarico a mettere
in musica l’Adriano in Siria. Occorre
anche considerare che proprio l’anno prima, 1735, nello stesso teatro
Tor di Nona, un altro dramma di Metastasio, L’Olimpiade, messo in
musica da Pergolesi non ha ottenuto successo, e quindi la nuova intonazione
dell’Adriano affidata al Duni, opera già collaudata con ottimi
risultati a Napoli dallo sfortunato musicista di Jesi, può assicurare
alla proprietà del Tor di Nona il recupero del favore del pubblico.
L’opera messa in musica dal Duni riporta infatti una confortante
accoglienza. Da questo evento propizio inizia un vero e proprio viaggio
dell’ex seguace del cardinale Coscia nell’opera seria di Metastasio
che lo vede, proprio l’anno dopo 1737, trasferirsi a Londra invitato
all’Haymarket Theatre per mettere in musica il Demofoonte
per l’affascinante voce di Farinelli nella parte di Timante.
Nella vita del compositore, al di là di una malattia
risolta in un viaggio in Olanda presso il famoso scienziato Boerrhave,
l’intreccio tra il mestiere di musicista, ormai affermato, con quello
di strumento artistico attraverso l’opera seria di Metastasio per
le celebrazioni di occasioni politico-rappresentative, si fa sempre più
intenso. A Milano nel Carnevale 1739 per il governatore austriaco Otto
Ferdinand von Abensberg Traun mette in musica Didone abbandonata,
pochi mesi prima che Maria Teresa faccia sosta in città nel viaggio
verso Vienna, di ritorno da Firenze dove con il marito Francesco Stefano
di Lorena nel gennaio è andata a prendere possesso del granducato.
E’ proprio a Firenze, “nella stagione di Carnevale 1739-40”
– (come riferisce Ugo Morini, La R. Accademia degli Immobili
ed il suo Teatro “La Pergola” Cronistoria compilata per incarico
del Conte Balì Alberto della Gherardesca - Presidente dell’Accademia,
Pisa, 1926, pp.48-49) – che Egidio Duni viene incaricato dal marchese
Ottavio Guadagni a mettere in musica per il Teatro della Pergola e l’Accademia
degli Immobili, la sua prima versione del Catone in Utica.
La partitura fiorentina al momento non è stata ancora recuperata
e il libretto, invece reperibile, non è stato ancora studiato.
Quindi non ci è dato sapere se anche la prima delle
tre esecuzioni duniane – dopo Firenze, sarà a Napoli nel
1746, e a Lucca nel 1749 – elimini la dialettica sul Politico,
espressa da Metastasio nella scena 10 del II Atto, come emerge nella partitura
rinvenuta a Madrid, per l’esecuzione di Napoli, messa a confronto
con il libretto di Napoli, oggi presso la Biblioteca Nazionale Braidense
di Milano, nonché con i libretti adottati da Leonardo Leo per le
sue intonazioni. (Debbo queste informazioni al lavoro preparatorio sul
libretto di Catone in Utica del Duni per la
discussione della tesi di laurea di Alessandra Parravano, laureanda in
Storia della musica moderna e contemporanea, relatore il Prof. Dinko Fabris
presso l’Università degli Studi della Basilicata, cortesemente
inviatomi dal docente e dalla studentessa che qui, entrambi, ringrazio).
E’ comunque particolarmente significativo che proprio il dramma
d’argomento storico romano (insieme all’Attilio
Regolo) particolarmente a cuore a Metastasio per l’esplicita
trattazione della sottomissione del Potere ai valori della libertà
e della giustizia, proprio il Catone in Utica
sia stato ripreso in tre distinte occasioni, a distanza di anni l’una
dalle altre, e con tre diversi committenti. Sarebbe infatti molto interessante
sapere se in occasione della visita a Firenze di Francesco Stefano di
Lorena e di Maria Teresa, anche il dramma di Metastasio del periodo romano
come anche tutti gli altri da lui composti a Vienna e integralmente messi
in musica dai vari Kapellmeister, in omaggio appunto alla futura imperatrice,
già allieva del suo Poeta Cesareo, non abbia subito modifiche da
parte del compositore o dall’impresario, ovvero, in caso contrario,
quali versi e come siano stati cambiati. E’ comunque un fatto che
l’intonazione del dramma presso il Teatro di S. Carlo nel 1746,
già nel libretto, dedicato “alla sacra real maestà
di Carlo re delle due Sicilie”, abbia un’avvertenza destinata
all’ “Amico lettore” nella quale possiamo leggere:
Eccoti il Catone abbreviato […] Le Arie che si sono cangiate […]
o sono dello stesso Autore, o sono variate di metro su lo stesso sentimento
[…].
L’intreccio tra l’avvenimento teatrale-musicale
di Napoli e la committenza della “sacra real maestà di Carlo
re delle due Sicilie” è evidenziata più che dal livello
teorico del Politico immesso da Metastasio nel
dramma, dal rilievo che gli affetti libertari di Catone assumono
nell’intonazione del Duni, tanto da fare ritenere non estranea all’intenzione
del musicista quella di riconoscere a Carlo re delle due Sicilie il merito
di resistere, insieme al suo ministro Tanucci, alle pressioni provenienti
dalla Chiesa e dalla feudalità messe di fronte a una sostanziale
riduzione di privilegi giurisdizionali e proprietari a favore della Corona,
evitando comunque di “dar loro l’incensiere sul naso”
– per troppa adulazione delle loro sacre maestà -, proprio
come scrive Pietro Metastasio in una lettera al fratello Leopoldo il 22
gennaio 1746, a proposito di un suo componimento per festeggiare il compleanno
del futuro Giuseppe II.
Duni, perciò, con l’intonazione del Catone in
Utica per Carlo di Borbone tende ad esaltare l’orgogliosa
insofferenza libertaria del sovrano per i lacci ancora ben forti che i
poteri paralleli della Chiesa e della nobiltà stringono attorno
alle tendenze autocratiche del Borbone e alla politica riformatrice del
Tanucci.
D’altra parte, la personalizzazione dell’assetto
teorico-politico ed educativo dell’opera di Metastasio riceve con
la musica del Duni una virata volta ad accentuare la nobiltà dei
sentimenti, oscurando forse la faccia di quello specchio nel quale possano
vedersi rappresentati – essendo l’altra destinata al sovrano
e alla sua corte – gli stessi spettatori-cittadini perché
essi traggano i segnali di quella giustizia e libertà ai cui obblighi
nemmeno i re possono sfuggire.
Se il libretto della rappresentazione fiorentina del Catone
in Utica potrà essere rintracciato, il confronto
con quello della rappresentazione di Lucca consentirà di verificare
finalmente se l’occasione di celebrare l’arrivo dei Lorena
a Firenze vale a Metastasio la conservazione del suo libretto originario
(con o senza la morte sulla scena dell’eroe repubblicano), dal momento
che comunque già le analogie nell’impiego dei cantanti tra
un libretto privo di indicazione del musicista, oggi conservato al Civico
Museo Bibliografico musicale di Bologna, per una rappresentazione del
melodramma nel carnevale del 1739-40 al Teatro della Pergola, con quello
reperibile alla Biblioteca del Congresso di Washington e nella biblioteca
del Conservatoire Royal de Musique a Bruxelles, quanto all’esecuzione
lucchese, permette un’utile ricerca. Si tratta dell’impiego
nella parte di Catone, in entrambe le rappresentazioni musicate dal Duni,
del cantante Cesare Grandi. Sia perciò la Cronistoria di Ugo Morini
(oggi in originale presso l’Archivio di Stato di Firenze, che elenca
tra le opere messe in scena dall’impresario marchese Ottavio Guadagni
nel Carnevale 1739-40, Catone in Utica del maestro
Egidio Duni) sia il libretto privo della citazione del musicista, presso
il Civico musicale di Bologna confermano la presenza del Grandi come interprete
nella parte del protagonista, fornendoci le tracce indispensabili per
una ricerca che possa ricostruire in modo integrale l’interesse
del Duni per quest’opera. Come ho prima osservato, il dramma fu
occasione, mentre il Duni al servizio del Coscia si apprestava a svolgere
la sua missione diplomatica a Vienna, della scelta provocatoria di Metastasio
nel chiedere protezione al potente cardinale di Benedetto XIII. A distanza
di 9 nove anni, infine, dalla prima intonazione del dramma da parte del
Duni, lo stesso Cesare Grandi interpreta ancora la parte di Catone nel
Teatro di Lucca.
A Firenze, al Teatro della Pergola, Egidio Duni mette in musica nel Carnevale
del 1744 Artaserse del Poeta Cesareo ( il dramma
che ha avuto più di ottanta diverse intonazioni nella storia della
musica – record assoluto, ineguagliato – ), cui segue nel
Carnevale 1745-46 quella del Demetrio. La collaborazione
con la Firenze dei Lorena-Asburgo non potrebbe essere stata per il musicista
di Matera più proficua.
La nomina a maestro di cappella nella cattedrale di S. Nicola a Bari dal
1743 al 1746, nelle terre dei Borbone di Napoli, prelude alla esecuzione
delle musiche per il Teatro di S. Carlo, mentre per il teatro Falcone
di Genova nei Carnevali del 1748 e 1748-49 intona altri due drammi di
Metastasio, Ipermestra, e Ciro riconosciuto.
In attesa di stringere nuovi ed interessanti rapporti con la corte dei
Borbone di Parma, Egidio Duni mette in musica a Bitonto nel 1749 anche
un oratorio di Metastasio: Gioas re di Giuda
e, dopo avere intonato a Parma per il Teatro Regio di Filippo, Infante
di Spagna, L’Olimpiade, uno tra i drammi-capolavoro del Poeta Cesareo,
sul quale, come sappiamo, il Pergolesi nel 1735 assiste ad uno sconcertante
insuccesso, Duni si accomiata da Metastasio e dall’opera seria dando
le sue musiche ad un altro oratorio: Giuseppe riconosciuto
nella cattedrale di Bitonto nel giorno dell’Immacolata, l’anno
1759.
Il ruolo svolto dal Duni riguardo all’opera seria di Pietro Metastasio
va molto al di là dell’incontro, usuale all’epoca,
tra i compositori di ogni paese d’Europa e il maggiore esponente
della drammaturgia per il teatro musicale.
Egidio Romualdo Duni ha voluto ricomporre, intonando ben 10 drammi del
poeta romano, e due oratori, tra il 1736 e il 1759, l’intera trama
della sua vita, iniziata, come ho già detto, alla scuola diplomatica
di Niccolò Coscia, occasione questa – diretta o indiretta,
consapevole o ignara che possa essere stata – per favorire la libertà
di espressione e i diritti della poesia per il teatro musicale di Pietro
Metastasio nella Vienna di Carlo VI e dell’Impero. Non solo, la
stessa insistenza del Duni nel cimentarsi sul Catone in Utica,
in un Italia politicamente retta da un papa come Prospero Lambertini,
Benedetto XIV, ex insegnante dello stesso Metastasio all’Archiginnasio
della Sapienza, ai tempi del suo cardinalato collaboratore del potente
Niccolò Coscia, consente una sorta di risarcimento morale che il
musicista sembra chiedere alla durezza che il mondo e l’epoca gli
hanno riservato durante la prima metà degli anni Trenta del secolo.
Mettere in musica i drammi di Pietro Metastasio significa
quindi per Duni comunicare, solidalmente con il poeta divenuto Cesareo,
le virtù e i valori in cui egli stesso crede fin dai tempi dell’apprendistato
romano. Del resto, la stessa sapienza spirituale e culturale di Benedetto
XIV, nel corso di tutto il suo pontificato, si esprime non solo togliendo
all’ormai vecchio ed emarginato Coscia i carichi più umilianti
della condanna comminatagli da papa Corsini, appena insediatosi come Clemente
XII, ma soprattutto manifesta la volontà di procedere ad ulteriori
intese e concordati tra Chiesa, monarchie d’Europa e l’Impero,
di cui potrà beneficiare la stessa opera musicale di Egidio Romualdo
Duni, nel prosieguo della sua carriera a Parigi nell’opéra-comique.
Un carriera, quindi, del tutto nuova si apre, una volta, cioè,
che il musicista di Matera avrà chiuso i conti – o crederà
di averli chiusi – con un passato, l’opera seria – che
pretende una dedizione assoluta in quanto essa è la più
ambiziosa pubblica esposizione e manifestazione della politicità
e civile socialità dell’uomo del XVIII secolo.
Del resto, non può che sorprendere come i figli prediletti di Pietro
Metastasio, ossia proprio Catone in Utica e
Attilio Regolo venissero pubblicamente recitati
come drammi della libertà e della giustizia,tra il 1798 e il 1799,
durante la breve esperienza della Repubblicana romana e della Repubblica
partenopea, come rappresentazioni dei valori dei gruppi dirigenti (intellettuali,
nobili e comuni cittadini) che, promuovendo la nascita di un mondo nuovo,
traevano ispirazione e lo celebravano con i versi di un poeta che aveva
servito tutta la vita, con il Cesare germanico, l’ancien régime.
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