MARIO VALENTE

Franco Voltaggio, Antigone tradita
Una contraddizione della modernità: libertà e stato nazionale

Roma 2013, Editori Internazionali Riuniti, pp. 366, €. 25,00
ISBN: 978-88-359-9265-3

Il tempo, la verità, la poesia

Il tempo

È ben noto a tutti che il tempo è galantuomo, e nel caso del bellissimo saggio di Franco Voltaggio, filosofo della scienza e storico della filosofia, l’attesa della resa dei conti per la pesante eredità hegeliana nell’attuale temperie del cosiddetto post-moderno, e non soltanto a riguardo di questa, è pienamente ripagata a partire dalla demistificazione/decostruzione della famosa definizione della filosofia come il tempo appreso/conosciuto attraverso il pensiero (G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello spirito).


Jakob Schlesinger, Ritratto di Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Berlin, 1831)
 

Tale carattere di indiscutibile  metafisica sovranità attribuito da Hegel alla filosofia viene demistificato con fresca giovanile acribia dalle rivelazioni di Franco Voltaggio a proposito della vera e propria coercizione autoinflittasi dal filosofo di Stoccarda nell’abbandonare e quasi rifuggire, con vergogna di sé, l’iniziale giovanile entusiasmo per la figura sofoclea di Antigone, l’eroina emblema, per tutta la grande tradizione culturale europea, della lotta per la giustizia universale contro le sopraffazioni brutali di ogni potere costituito, detentore, unico e sovrano del diritto e della forza.

Creonte, il tiranno di Tebe, pur di affermare la sovranità conquistata con la sconfitta e la morte dei due fratelli Polinice ed Eteocle, ha comandato che il corpo di Polinice sia lasciato insepolto. Nessuno potrà contravvenire all’ordine del tiranno. Questi come unico autore/interprete del nomos è come obbligato a cancellare ogni forma di pietà, amore e bellezza, valori religiosi e consuetudinari della comunità tebana, espressione della partecipazione di ogni individuo alla creazione di un nuovo mondo di rapporti sociali solidali, giusti e liberi. Il mero infimo intento di Creonte è, viceversa, l’affermazione e il consolidamento della totale autonomia del Politico, fattosi Stato/Istituzione, svincolato da qualsiasi remora e regola morale universale.

Franz Karl Hiemer, Ritratto di Friedrich Hölderlin (1792) Se la fuga hegeliana dalla bruciante passione per Antigone, condivisa con l’amico Hölderlin negli anni giovanili con l’irrompere della Rivoluzione Francese, è leggibile nel prosieguo e sviluppo della violenta imposizione dell’ordine napoleonico imposto all’ancien régime in tutta Europa, e dall’emergere della potenza prussiana come antemurale alle derive autoritarie della Francia rivoluzionaria, non per questo – sostiene Franco Voltaggio – l’assunto hegeliano di individuare nello Stato una forma “evoluta” per entro i rapporti tra famiglia e societas assolve il filosofo di Stoccarda dal delitto di avere abbandonato con Antigone e la sua ribellione al dispotico nomos del tiranno autocrate i diritti e le libertà così dei cittadini di Tebe come quelli dei sudditi della Prussia anti-napoleonica, ormai ridotti a meri servitori/esecutori di un Potere nel quale, peraltro, tende ad identificarsi e rafforzarsi la storica coincidenza nel Principe-Re del ruolo di difensore della tipica e propria religione cristiana luterana delle genti tedesche con quello di costruttore del moderno Stato tedesco.

Non è affatto trascurabile allora che Marx ed Engels nell’Ideologia tedesca abbiano sottolineato le  origini del moderno Volksgeist germanico, anche ricorrendo alla narrazione di Heinrich Von Kleist nel suo Michael Kohlhaas, come sistema sociale di obbedienza al Despota per fede e ragione di Stato.

(segue…) 

 

Roma, 12 settembre 2013                                      Mario Valente

 

 

 

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