CHARLES BURNEY

Charles Burney e Metastasio

 

 

Vienna, Settembre 1772:

Burney e Metastasio faccia a faccia

 (da Charles Burney, The Present State of Music in Germany, The Netherlands, and United Provinces; ed. italiana: Viaggio musicale in Germania e Paesi Bassi, a cura di E. Fubini, Torino, EDT 1986)

 

Vienna, Michaelerplatz. La chiesa parrocchiale di Metastasio, Michaelerkirche, e accanto a sinistra la casa del Poeta, che abitava al quarto piano

 

Lord Stormont si era gentilmente adoperato per farmi ricevere da Metastasio; ed infine Sua Eccellenza aveva ricevuto da lui un messaggio assai cortese in cui assicurava che sarebbe stato lieto di vederci entrambi un qualsiasi pomeriggio che Sua Eccellenza avesse scelto per il nostro incontro. Fummo assai fortunati poiché Metastasio è di solito inaccessibile nel pomeriggio, se non per i tre o quattro amici intimi, e al mattino si poteva essere ammessi solo a una conversazione di carattere pubblico.

Essendo Lord Stormont impegnato ogni giorno fino al sabato, fissò l’appuntamento per quel giorno per soddisfare il mio desiderio di conoscere e conversare col poeta prediletto da ogni musicista che abbia la minima conoscenza della lingua italiana. Il sabato era ora arrivato, e io attendevo con impazienza il grande avvenimento.

Alle sei di sera Lord Stormont mi accompagnò dal poeta. Lo trovammo in compagnia di un amico, uno dei bibliotecari imperiali, quello stesso al quale ero stato presentato alla biblioteca e che aveva predisposto la mia visita.

 

Questo poeta come del resto altri grandi poeti prima di lui abita molto in alto, al 4° piano. Non saprei stabilire se i moderni bardi preferiscono dimorare in modo tanto ‘sublime’ per essere qualche modo al livello del Monte Parnaso, più vicini al loro signore Apollo, o nei pressi degli altri dei.

Tuttavia un motivo assai più semplice e prosaico deve essere attribuito alla posizione dell’appartamento di Metastasio “alto il doppio di due piani”: a Vienna l’imperatore gode della facoltà di appropriarsi del primo piano di ogni casa palazzo per uso degli ufficiali della sua corte e del suo esercito, e poche abitazioni sfuggono a questa imposizione.

Di conseguenza principi, ambasciatori e nobili abitano i secondi piani: ed essendo le case grandi e con i soffitti alti, anche il terzo, il quarto e persino il quinto piano sono idonei ad accogliervi ricche e nobili famiglie. Il nostro poeta, benché occupi quella parte della casa che in Inghilterra si considera adatta soltanto per farvi dormire la servitù, ha un appartamento assai bello ed elegante dove un laureato imperiale può scherzare con le muse con la dovuta dignità.

Fummo accolti festosamente e con grande cortesia, e il suo aspetto mi colpì gradevolmente, poiché egli non dimostra più di cinquant'anni, mentre ne ha almeno settantadue, e per la sua età è il più bell’uomo che abbia mai visto. Reca impressi sul suo volto il genio, la bontà, la correttezza, l’umanità e la rettitudine che sempre caratterizzano i suoi scritti. Non potevo distogliere il mio sguardo dal suo viso, così gradevole e degno di ammirazione. La sua conversazione era in armonia col suo aspetto: gentile, facile, animata. Riuscimmo a portare la conversazione sulla musica, ed egli divenne più comunicativo di quel che immaginassimo, dal momento che di solito evita di affrontare un argomento in modo approfondito. Iniziò dicendo che non era in grado di aiutarmi gran che nelle mie ricerche, poiché non si era occupato sufficientemente dell’argomento che mi interessava; tuttavia, nel corso della conversazione, scoprii che possedeva delle buone conoscenze generali sia di storia sia di teoria musicale, e fui assai lusingato nello scoprire che le sue idee erano simili alle mie su molti punti controversi.


Discutemmo sui seguenti argomenti: le scale musicali degli antichi Greci; la loro melodia, il coro, i modi e la declamazione; l’origine dell’armonia moderna e del melodramma; la passione per le fughe nel secolo scorso, e per il rumore nel nostro ecc. ecc.

Egli sembra soddisfatto della traduzione dei due primi volumi delle sue opere da parte del signor Hoole; ritiene però, ed io con lui, che se difetta in qualcosa, è nelle arie piuttosto che nei recitativi; aggiungendo però, a difesa del signor Hoole, che tradurre la poesia italiana è un’impresa disperata, poiché si tratta di una lingua musicale la cui dolcezza nessun’altra può eguagliare. Tra le migliaia di traduzioni e di imitazioni del suo Grazie agl’inganni tuoi, neppure una l’ha soddisfatto. Gli chiesi se fosse l’autore di un duetto composto per quei versi, che mi ero procurato alcuni anni or sono, e gliene cantai le prime due o tre battute, al che affermò di aver composto qualcosa di simile.

Parlammo delle diverse edizioni delle sue opere; egli pensa che le più complete e corrette siano quelle di Torino e di Parigi, in dieci volumi. È compreso in esse tutto ciò che     egli intendeva pubblicare, eccetto l’opera Ruggiero, rappresentata a Milano lo scorso anno.

Lord Stormont deplorava che la sua produzione non fosse disposta in ordine cronologico, ma Metastasio riteneva che al pubblico non importasse gran che del fatto che egli avesse scritto prima Artaserse o Didone; ammetteva però che era forse opportuno che fossero conosciute le circostanze che avevano dato origine ad alcune sue opere.

  

A questo proposito ci raccontò che quando la sua protettrice, la regina imperatrice, stava per andare sposa al duca di Lorena, egli ebbe l’incarico di comporre un’opera per questa occasione, e gli furono accordati diciotto giorni soltanto per scriverla. Immediatamente si ribellò a questa condizione impossibile da accettare. Ma appena tornato a casa abbozzò uno schema della storia di Achille in Sciro; su un grande foglio di carta buttò giù a grandi linee l'argomento: anzitutto il primo atto, poi gli accadimenti del secondo, infine la catastrofe del terzo.

Quindi distribuì le azioni tra i personaggi: qui un’aria, là un duetto e ancora un monologo. Poi scrisse il dialogo e lo divise in scene che furono consegnate, appena finite, al compositore e poi all’esecutore perché le mandasse a memoria: entro i diciotto giorni tutto doveva essere pronto, poesia, musica, danza, scene e decorazione.

Spesso la necessità accresce la nostra capacità, ci disse, costringendoci a fare non soltanto ciò di cui non ci credevamo capaci, anche a farlo con maggiore rapidità e spesso con risultato migliore di quando abbiamo la facoltà di scelta e tutto il tempo a nostra disposizione. Egli aveva composto Hypermnestra in soli nove giorni, ed è da notare che Achille e Hypermnestra siano due tra i drammi migliori di Metastasio.

 

Lord Stormont gli chiese se non avesse musicato nessuna delle opere, ed egli rispose che non era un musicista sufficientemente esperto; aveva, invero, talvolta suggerito al compositore il < motivo > o il tema di un’aria, ma soltanto per fargli intendere l’espressione musicale che desiderava fosse data alle sue parole, ma nulla più. Sua Eccellenza gli disse che il vecchio Fontenelle aveva affermato che nessun dramma musicale poteva essere perfetto o interessante se il poeta ed il musicista non erano riuniti nella stessa persona come avveniva nei tempi antichi; infatti quando fu rappresentato il Devin du Village di Rousseau che deliziò ogni ascoltatore, Fontenelle, patriarca delle lettere, ne attribuì il successo proprio all’unione del poeta e del musicista. Metastasio osservò però che lo sviluppo attuale della composizione musicale richiede tanta abilità e tanta scienza per quel che riguarda il contrappunto, e poi la conoscenza degli strumenti, le possibilità dei cantanti e molte altre cose ancora, che è impossibile ad un poeta o ad un letterato conoscere a fondo tutto ciò senza dedicarvi troppo tempo e fatica che dovrebbe sottrarre ai suoi studi.

Non pensava che ora esistesse neppure un solo cantante che fosse ancora in grado di sostenere la voce al modo dei vecchi cantanti. Gli spiegai ed egli fu d’accordo con me che la musica teatrale era divenuta troppo strumentale e che le cantate dell’inizio del secolo, che erano eseguite col solo accompagnamento del clavicembalo o del violoncello, richiedevano una esecuzione vocale più accurata rispetto alle arie attuali, in cui l’accompagnamento rumoroso nasconde tanto i difetti che i pregi, alleviando comunque il compito del cantante.

Egli mi parve convinto che nella musica del passato si eccedesse, troppo nell’uso delle fughe, nel numero delle voci, negli artifici, perché essa potesse essere apprezzata o capita se non dagli artisti. I diversi movimenti delle varie parti, le loro inversioni e fioriture erano, a suo parere, innaturali, e generavano soltanto confusione, mascherando e alterando la melodia.

Egli mi confermò di essere stato costretto dal Gravina, all’età di dodici anni, a tradurre l’Iliade di Omero in italiano in ottava rima. Accennò pure al fatto di aver composto versi < all’improvvisa > da bambino, ma aveva interrotto queste esercitazioni poetiche prima dei diciassette anni.

Durante la nostra conversazione egli scherzò spesso, mantenendosi sempre allegro, gentile e attento. Quando mi congedai, dopo due ore, mi strinse la mano, chiese dove abitassi e disse che sarebbe venuto da me; ma lo pregai di non disturbarsi, che sarei stato felice se mi avesse concesso di ritornare ad ossequiarlo. Mi rispose che mi avrebbe accolto sempre con piacere in qualsiasi momento lo desiderassi.

Egli chiese delle candele, poiché disse era così buio che le nostre parole non avrebbero potuto giungere a destinazione. Rivolgendosi in tedesco alla sua domestica chiese ein Licht; alle mie domande se avesse avuto la pazienza di imparare questa lingua, rispose: “Poche parole per sopravvivere”, intendendo con ciò le cose indispensabili per non morire di fame. Lord Stormont ci disse che al mattino era giunta la notizia di una rivoluzione in Svezia, fornendo così lo spunto per una conversazione di carattere politico, che io avrei volentieri evitato. “< Ecco > dice Metastasio rivolgendosi a me < un’altra scena per la drama! >”. Egli osservò che gli interessi umani erano così vari e così opposti, e persino le idee di un singolo uomo erano così di frequente in contrasto tra loro, che era comprensibile che nel mondo accadessero questi improvvisi eventi, sorprendenti solo per coloro che non si rendono conto come la mente dell’uomo sia un garbuglio di capricci contraddittori. 

[...] mi recai da Metastasio per l’ultima volta! Lo trovai in numerosa compagnia: la Santa Cecilia, cioè la Martinetz era seduta al clavicembalo ed aveva appena finito di cantare accompagnandosi da sola. Per suo desiderio ci scambiammo delle composizioni: ella aveva voluto trascrivere per me, tra l’altro, un’aria di Metastasio musicata da lei, che mi aveva assai favorevolmente colpito quando l’avevo ascoltata in una mia precedente visita.

Il caro vecchio poeta mi abbracciò affettuosamente: disse che gli rincresceva di vedermi partire così presto, che desiderava di avere il mio libro non appena fosse stato pubblicato, e che voleva avere mie notizie. Così ci separammo a Vienna, ma non posso chiudere questo capitolo, anche se è già abbastanza lungo, senza aggiungere ancora qualcosa di lui. 

Mi era stato detto e tale era anche l’opinione del signor Hasse che i testi poetici manoscritti del Metastasio ancora in suo possesso fossero più numerosi di quelli già pubblicati; Lord Stormont ne è invece poco convinto ricordando che per principio Metastasio non scrive se non quando ne è richiesto, e quindi non compone versi al solo scopo di chiuderli a chiave in un cassetto.

 Metastasio non crede all’ispirazione poetica e può comporre un poema a freddo come un altro fabbricherebbe un orologio, in qualsiasi momento gli aggrada senz’altra sollecitazione che la sua volontà. Lord Stormont dice però di aver letto una traduzione di Metastasio dell’Ars Poetica di Orazio in versi italiani, e di averla giudicata superiore a tutte le altre traduzioni in altre lingue. Dello stesso poeta, Metastasio tradusse in modo ammirevole Hoc erat in votis; e qui ha narrato la storia del topo di città e del topo di campagna con la stessa serietà del testo oraziano, riuscendo più aderente alla lettera, allo spirito dell’originale di quanto non lo siano stati tutti coloro che l’hanno preceduto in questo tentativo.


Come la maggior parte delle persone già avanti negli anni, Metastasio evita di parlare della sua età, delle malattie degli amici, delle disgrazie o della morte, anche delle persone che gli sono indifferenti. E' estremamente candido nel giudicare gli uomini d’ingegno, e persino i poeti coi quali ha avuto qualche ragione di disaccordo
e invero sono assai pochi. Infatti quando era attaccato da loro, accadeva spesso che dopo aver scritto un epigramma o un distico per mostrare agli   amici intimi come avrebbe potuto difendersi, non ne faceva nulla e li gettava nelle fiamme. E mai si seppe che avesse fatto stampare o pubblicare una sola riga scritta per rappresaglia contro i più implacabili nemici della sua persona e delle sue opere.

Egli è per natura incline alla gaiezza ed allo scherzo e sa diffondere l’allegria intorno a sé con i suoi modi e la sua conversazione; ha il dono dell’eloquenza sia nella conversazione sia negli scritti. È uno dei pochi geni eccezionali che non si appagano né dell’approssimazione é delle conoscenze di seconda mano; ed è triste dover constatare che esistono pochissime persone che al pari di lui meritino di essere definite buone e grandi.

L’aneddoto che riferisco mi è stato raccontato da una persona degna di fede e bene informata su ogni particolare che riguarda questo grande poeta. Parecchi anni or sono Metastasio era tutt’altro che ricco, ed era conosciuto a Vienna soltanto come aiuto librettista di Apostolo Zeno all’Opera. Una persona con cui aveva stretto una grande ed intima amicizia gli aveva lasciato morendo tutta la sua fortuna, cioè quindicimila sterline. Quando però Metastasio seppe che vivevano a Bologna dei parenti dell’amico morto, vi si recò per cercarli; trovatili, ritenendo che avessero più diritto di lui a questo possesso, disse loro che l’intera sostanza lasciatagli dal suo amico era semplicemente in sua custodia finché non avesse potuto dividerla equamente tra i suoi parenti più meritevoli. E così fece immediatamente senza serbare nulla per sé.

 

 

Vienna, Kolmarkt. Portale d'ingresso all'abitazione di Metastasio

 

La Grosses Michaelerhaus e la Michaelerkirche in una stampa del 1750. In questa casa Metastasio visse cinquantadue anni e qui Burney visitò il Poeta cinque volte.

 

GIUSEPPE ANTONELLI, Artaserse

 

GIUSEPPE ANTONELLI, Il Ruggiero

 

GIUSEPPE ANTONELLI, Didone

 

GIUSEPPE ANTONELLI, Achille

 

GIUSEPPE ANTONELLI, Ipermestra

 

PIER LEONE GHEZZI, Gian Vincenzo Gravina

 

Johann Adolf Hasse

 

Pietro Metastasio

 

Apostolo Zeno

 

 

         

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G. F. HAENDEL, Concerto in SOL maj op. VI n°1 - A tempo giusto e Allegro