PIERO
BUSCAROLI
svela l'imbroglio del REQUIEM
Varese , Zecchini Editore, 2006, formato 13x23, pp. 109, €. 20.00
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Scritta come in forma di pamphlet – in consonanza con la vena di grande polemista di Piero Buscaroli – questa agile e incalzante brochure completa la materia di altri due libri dello stesso autore: La morte di Mozart, Milano, Rizzoli, 1996 e 2006, e Al servizio dell’imperatore, Milano, Marietti, 2006.
Il pamphlet non solo è rivolto alla storiografia musicale che in oltre due secoli dalla morte di W.A. Mozart si è esercitata nel convalidare ad oltranza la sacralità intangibile del famoso Requiem – unico indivisibile autore della partitura il salisburghese –, non solo quindi smonta e mette in berlina storiche operazioni della musicografia mozartiana risalenti al celeberrimo Hermann Abert (anche a danno del grande storico e filologo Otto Jahn, vero e degno biografo di Mozart, secondo il critico italiano), ma con la scoperta e lo studio di documenti di prima mano ed inediti, rinvenuti dallo stesso Buscaroli, ricostruisce la vera storia della composizione musicale, la sua difficile e tragica gestazione, le varie manomissioni inferte da Constanze Weber, moglie di Mozart, gli incarichi di questa al Sussmayr e all’Eybler per conferire forma completa alla partitura, facendone comunque e sempre risalire l’impianto e la struttura linguistico-creativa al marito, immaturamente scomparso, e dopo avere costruito il mito che questi abbia atteso alla partitura fin sul punto di esalare l’ultimo respiro, così da fornire all’uomo comune di tutte le epoche l’immagine, a misura dell’ordinary people, della vita del tragico genio musicale mozartiano. I bersagli polemici di Buscaroli sono da un lato le vere e proprie falsificazioni che la storiografia musicale ha innalzato su quest’opera postuma di Mozart, dall’altro egli intende ripristinare il nesso tra biografia e creazione artistica, secondo la lezione epistemologica nietschziana, la cui elusione ha consentito agli estetizzanti storici della musica di accreditare come vere pressoché tutte le bugie, a buon mercato, e le manipolazioni che Constanze nella sua avidità di erede universale del musicista pose in essere, durante l’arco di tutta la sua lunga esistenza, per lucrare sul Requiem (e su tutti gli altri manoscritti del marito in suo possesso), e nascondere al tempo stesso le vere circostanze per le quali Mozart nel fatidico e fatale per lui 1791 aveva tenuto completamente all’oscuro la moglie a riguardo del Requiem.
La tesi fondamentale del pamphlet di Piero Buscaroli è che la decisione di Mozart di scrivere un Requiem, dietro compenso, per il conte Walsegg-Stuppach, rinunciando per sempre alla pubblicazione della partitura e alla paternità delle musiche, lasciando tutto al libero possesso ed arbitrio del nobile, avrebbe creato al compositore insanabili e insostenibili contraddizioni. Infatti, incassato dall’emissario del conte un modesto anticipo del compenso pattuito, dopo la composizione delle primissime parti, il Requiem si sarebbe rivelato un compito totalmente estraneo, come un vero e proprio atto di tradimento verso l’autenticità della sua musica e come un gesto autolesionistico nel momento nel quale opere come Il flauto magico e soprattutto La clemenza di Tito gli facevano riacquisire favore e consensi presso Leopoldo II e la corte imperiale. Di qui il rifiuto e rigetto dell’opera commissionata, ab imis fundamentis animi, da parte di Mozart e la conquista sofferta dopo l’iniziale maligno desiderio di comporre, vendicativamente e punitivamente, un Requiem a livello dello scolastico dilettantismo del professionale plagiario, conte Walsegg-Stuppach, di abbandonare del tutto l’impossibile composizione. Oggi, finalmente, l’apporto di Mozart al Requiem, di ben poco rilievo, è in via definitiva stabilito grazie alle notazioni e riflessioni di Piero Buscaroli confortato dalle confessioni-rivelazioni fattegli sia dall’attenta consultazione degli scritti di Friedrich Blume, dall’illuminato consiglio, negli anni, di amici come Giorgio Manera ed Ezra Pound, Winifred Von Mackensen, Maurizio Papini, per ultimo, sia, soprattutto, attraverso la copia della partitura, pubblicata in 2° edizione nel 1826 presso Offenbach a/M da Johann André.
In questa copia milanese dell’edizione André, miracolosamente scampata al rogo delle centinaia di copie acquistate rabbiosamente da Constanze v. Nissen, witwe Mozart, ed entrata in possesso di Buscaroli nel 1991, oltre l’illuminante Vorbericht dell’André sui maneggi epistolari tra l’editore e la vedova Mozart per licenziare il definitivo accreditamento di un Requiem, comunque segnato dal genio di Mozart, appare la lettera dell’oboista J. Zawrzel, orchestrale del “famigerato” barone Franz von Paula Josef Anton conte Walsegg, nella quale la testimonianza verace e definitiva della volutamente incompiuta partitura della messa da morto, da parte di W.A. Mozart, è il suggello documentale alle indagini minuziose condotte da Piero Buscaroli lungo tutto l’arco storico-ambientale di quest’opera, dalla fatale estate 1791 sino, via via, alla sottrazione di ogni possibilità di prova sulle vere circostanze della morte del salisburghese da parte del barone Gottfried Van Swieten, alle prime esecuzioni del Requiem, a pochi anni dalla morte di Mozart, alla pubblicazione di fantasiosi, ovvero manipolati originali della partitura, alla pubblicazione presso Breitkopf & Haertel nell’anno 1800 di altrettanto falsa originale partitura mozartiana, sino appunto all’edizione André, collazione oscena delle manipolazioni di Constanze con quelle dell’abate Stadler e del Rochlitz.
La lettera dell’oboista J. Zawrzel mette fine perciò alla ridda di contese, dibattiti e ricostruzioni fantasmagoriche sull’ultima opera scritta in vita e sul punto di morte da parte di Mozart, con la testimonianza irrefutabile resa dall’orchestrale del conte Walsegg in cui è a chiare lettere dichiarato l’abbandono per rigetto da parte del musicista di Salisburgo di portare a compimento l’opera, da lui appena iniziata ed invece quasi completata, poco dopo la di lui morte, dal Sussmayr e in alcune parti dall’Eybler.
Resta inspiegabile perché tanta illustre storiografia musicale accrediti ancora oggi, dopo oltre duecento anni dalla morte di Mozart e dall’apocrifo Requiem, un mito palesemente e documentalmente falso e infondato. Né bastano le pur anche giuste contumelie con le quali Piero Buscaroli ricopre le innumerabili schiere di direttori che in tanti Festival musicali da sempre s’affannano ad eseguire il Requiem di Mozart per convincerci…dell’omaggio che la virtù deve da tempo immemorabile al vizio. Si tratta di ben altra posta in gioco, se è vero come è vero che anche all’autore di queste note di recensione occorse nell’anno 2006 a Vienna vedere l’ennesima santificazione del Requiem, annunciato come esecuzione della vera partitura…incompiuta presso l’Opera di Stato, diretto da Christian Thielemann, nel corso del pieno svolgimento delle celebrazioni ufficiali per il 250° anniversario della nascita di Wolfgang Amadeus Mozart.
Appare in tutta la sua evidenza che la celebrazione del mito Mozart, ben più di ieri, ancora oggi assolve soprattutto alle funzioni di collettore dell’industria culturale, ovvero delle vendite discografiche nel grande circus dei concerti in ogni angolo del mondo globalizzato, sotto l’egida di un’egemonia della Wiener Klassik nel campo della grande tradizione sinfonica europea, oltre allo smercio di gadget e souvenir di ogni genere destinati al turismo di massa, ebbene tutto ciò trova riparo e fondamento proprio in quella storiografia musicale che si nutrì delle originarie manipolazioni di Constanze, e degli intrighi del barone Gottfried Van Swieten, sia riguardo alla morte di Mozart, dovuta alla bastonatura di Hofdemel, compagno di loggia massonica e marito tradito, sia alla composizione di una messa da morto, e che finora ha impedito la conoscenza della verità storica sulla vita e sulla fine dell’uomo e del grande musicista di Salisburgo.
C’è da chiedersi, al termine di questa “edificante” lettura, se possano effettivamente reggere al vaglio di un’indagine storica condotta sine ira et studio – punto di vista questo estraneo alla vena polemica di Piero Buscaroli, per lo meno in questa occasione – la separazione e distinzione alquanto forzate, a nostro sommesso e modesto avviso, tra la morte di Mozart e l’apocrifa attribuzione del Requiem. Se, infatti, come riferisce lo stesso Buscaroli, il barone Gottfried Van Swieten esercitò sia l’incarico di grand commis d’etat nell’evitare preventivamente ogni pur piccola possibilità di scandalo per gli Asburgo e la corte per l’inattesa morte improvvisa del musicista, facendone rapidamente scomparire i resti mortali, dotando Maddalena Pokorny-Hofdemel e Constanze Weber-Mozart di regolare pensione di stato, appare quanto meno sorprendente che lo stesso barone abbia voluto dirigere la prima esecuzione del tanto discusso e discutibile Requiem. Sorpresa e perplessità che cadono se formuliamo l’ipotesi non peregrina che il Van Swieten abbia voluto corroborare, e per così dire, ufficializzare ad abundantiam e pubblicamente la leggenda e promuovere il mito di una fine di Mozart “naturale”, sfortunata, finanche tragica ma proprio in quanto essa raggiungeva il kammermusik nel segno della gloria musicale della messa da morto, gloria appunto, con questa partitura, perseguita fino all’ultimo istante.
Sarebbe lungo e forse fuori luogo per una recensione discutere le conseguenze per Mozart della improvvisa inattesa morte dell’imperatore Giuseppe II, ma certamente sarebbe stato auspicabile che il bel libro di Buscaroli ne avesse colto il ruolo in rapporto anche alla strana committenza “accolta-non-accolta” del Requiem del conte Walsegg.
Forse sarebbe stata questa l’occasione per compulsare i documenti sepolti del biennio 1790-91, e riesumandoli, magari scoprire che le condizioni economiche di Mozart s’erano fatte così critiche – lasciando stare quelle sociali e politiche – da suggerirgli più che l’accettazione del modesto compenso iniziale offerto al Requiem per geniale infantilismo – come fa intendere generosamente Buscaroli – piuttosto come prassi consueta nel vendere la professionale capacità compositiva, soprattutto per chi, come il salisburghese, era costretto a rimontare una situazione personale a Vienna particolarmente problematica, a seguito della morte del suo “protettore” più importante, Giuseppe II, con la susseguente ascesa al soglio imperiale di Leopoldo II, costretto immediatamente a mettere mano al risanamento morale, politico, economico del potere degli Asburgo alquanto dissestatosi sotto il fratello, per una dispendiosa e pericolosa politica di appeasement con i gruppi emergenti della borghesia, l’ostilità verso le tradizionali forze aristocratiche ed ecclesiastiche, l’impotenza a fronteggiare la rinnovata minaccia ottomana ai confini dell’impero e soprattutto l’inerzia di fronte alla Rivoluzione in Francia e per la sorte di Maria Antonietta, sfortunata regina e sorella.
Di questo contesto nell’interessante e disvelatore libro di Piero Buscaroli non v’è traccia, come se l’autore avesse inteso non ripetere le analisi già svolte nel volume precedente: Al servizio dell’imperatore, ed abbia invece preferito considerare l’evento del Requiem come esclusiva pertinenza e solitaria scelta etico-estetica di W.A. Mozart, e perciò del tutto indipendente e scissa dalla biografia immediatamente precedente la fine del musicista.
Gennaio 2008 Mario Valente
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