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Accademia Nazionale di Santa
Cecilia Fondazione, Roma, 2005, (in realtà finito di stampare a Roma dalla
tipografia Eurosia nel marzo 2006), Voll. I e II, a cura di Rinaldo
Alessandrini e Laura Pietrantoni.
Vol. I: saggi di Amilcare
Quirino Gaviglia e Francesco Scoppola (ai quali in realtà si aggiungono due
studi di Laura Pietrantoni con schede comparative dei libretti e delle
partiture, ma il nome della musicologa non è indicato nè nel frontespizio e
neppure nell’indice generale).
Vol. II, Serie II. Musica
Palatina: partitura musicale priva nel frontespizio del nome del compositore Leonardo Vinci, nonché dell’autore della trascrizione moderna. Pubblicazione nella collana L’Arte Armonica/ Collana di
facsimili, studi e testi musicali.
Direttore di collana: Alberto Basso
Responsabile editoriale: Annalisa Bini Coordinatore editoriale: Roberto Grisley
Formato cm. 23 x 27, i due
volumi
indivisibili €. 70,00.
L’odierna pubblicazione de
La contesa de’ numi, libretto di Pietro Metastasio, musica di
Leonardo Vinci e trascrizione della partitura da parte dell’Accademia
Nazionale di Santa Cecilia, prende spunto dalla prima esecuzione nei tempi
moderni di Arie da questa festa teatrale avutasi a Palazzo Altemps in Roma
il 23 dicembre 1997. L’intera festa teatrale veniva poi eseguita
in forma di concerto nell’estate 1998, il 13 e il 14 luglio, nella
ricorrenza di una duplice occasione festiva: quella della conclusione del
restauro di Palazzo Altemps, con contributo di Enel, dopo il suo rientro in
possesso dello Stato italiano e la sua destinazione a Museo Archeologico
Nazionale di Roma, e come manifestazione – ancora con contributo di Enel –
rivolta a celebrare il 3° Centenario della nascita di Pietro Metastasio
(1698-1998), celebrazioni avviate dal Comitato Nazionale il 12 dicembre 1997
nella Sala della Protomoteca in Campidoglio dinanzi al busto del poeta
scolpito dal Ceracchi.
Sia nell’anticipazione dell’esecuzione di Arie dalla
festa teatrale nel dicembre 1997, sia l’anno seguente per l’integrale de
La contesa de’ numi il Comitato Nazionale, invitato a dare il suo
contributo, scriveva due dei quattro saggi del libretto di sala e presentava
al pubblico nel salone del Galata morente, nel 1997 e nel cortile di Palazzo
Altemps, nell’estate 1998, l’opera poetico-musicale di Pietro Metastasio e
di Leonardo Vinci.
Dieci
anni or sono quindi si tornava a fare risuonare a Palazzo Altemps La
contesa de’ numi, cioè proprio nel luogo, il cortile del palazzo, dove
fu originariamente eseguita il 26 novembre del 1729 per celebrare la nascita
del Delfino di Francia, erede al trono di Luigi XV. L’ospite e committente
del componimento drammatico fu il Cardinale Melchior de Polignac,
ambasciatore del re francese, e residente a Palazzo Altemps. Nel festeggiare il proprio sovrano, il Polignac vinceva la gara con un altro cardinale, quel
Pietro Ottoboni, non solo prestigioso mecenate delle arti nella Roma del
tempo, padrino di battesimo e protettore di Pietro Metastasio, anch’egli
procuratore nei territori del papato degli interessi dei re di Francia, ma,
poeta egli stesso del teatro musicale, per l’occasione scriveva una festa
teatrale, Carlo Magno già pronta per essere eseguita nella sua
residenza a Palazzo della Cancelleria.
Senonché l’Ottoboni, pur riuscendo a
fare eseguire la sua opera, prima della rivale Contesa de’ numi,
differita a
causa
delle
avverse
condizioni meteorologiche, era costretto a
cedere il passo e quindi il primato dei festeggiamenti per la nascita
dell’erede al trono di Francia al Cardinale de Polignac e alla festa
teatrale del suo figlioccio Pietro Metastasio. La corona francese, infatti,
non badò a spese per incorniciare l’evento musicale a Palazzo Altemps
all’interno di altri sontuosi festeggiamenti nella Roma papale.
I saggi di
Amilcare Quirino Gaviglia e di Laura Pietrantoni nel Vol. I della
pubblicazione dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ricostruiscono
ampiamente queste vicende anche con dovizia di illustrazioni tratte
dall’iconografia del tempo. Ad esempio, la riproduzione sulla copertina del
I Volume del grande dipinto di Giovanni Paolo Pannini, Preparativi in
Piazza Navona per festeggiare la nascita del Delfino
impreziosisce la pubblicazione documentando visivamente il climax
vissuto nel cuore del mondo cattolico in occasione dell’assicurata
discendenza maschile ai Borbone di Francia. A tale riguardo spiace osservare
che i saggi introduttivi – peraltro assai ricchi di notazioni ed
informazioni storico-culturali sul periodo trascorso nella sua Roma da
Metastasio, prima della definitiva partenza per Vienna come Poeta Cesareo –
riportino solo in modo marginale e cursorio un insieme di dati storici a mio
avviso fondamentali e strettamente inerenti alle figure degli stessi Borbone
di Francia, direttamente chiamati in causa, come si usa dire, dalla
celebrazione della Contesa de’ numi. Mi riferisco alla prematura
morte nel 1765 a soli 36 anni proprio del Luigi Delfino di Francia,
destinatario di questa festa teatrale e di tanti altri rilevanti
festeggiamenti, ed alla morte sul patibolo del figlio, lo sfortunato e
tragico Luigi XVI, designato dal nonno Luigi XV a succedergli, al posto del
discendente diretto.
Unitamente ai contrasti intercorsi in materia
dottrinaria e giurisdizionale tra il papato di Benedetto XIII (e
predecessori) e il gallicanesimo dei reali di Francia, una breve storia dei
Borbone nel Settecento avrebbe aiutato a ricomporre il contesto
storico-culturale nel quale affondano le modalità e finalità
artistico-espressive della stessa cantata composta per l’occasione dal
binomio costituito da Metastasio e da Leo Vinci. La stessa contesa tra i due
cardinali, l’Ottoboni e il de Polignac, a margine proprio della metastasiana
e vinciana Contesa de’ numi avrebbe potuto restituire il significato simbolico-politico e sociale suo proprio, ovvero come rappresentazione della
tendenza politica della Chiesa a riequilibrare quanto meno le passate
predilezioni per i Borbone in Europa, durante tutto il secolo precedente e
nel corso del lungo pontificato di Clemente XI nei primi venti anni del
Settecento, promuovendo il riavvicinamento all’Impero degli Asburgo
culminato proprio sotto il pontificato di Benedetto XIII (cfr. la politica
del cardinale Coscia, segretario di Stato) e proseguito poi da quello di
papa Lambertini, Benedetto XIV. La stessa mancata convalida da parte del
Santo Uffizio a consentire che il libretto della festa teatrale fosse
stampato con il titolo scelto da Pietro Metastasio per segnalare l’occasione
festiva, adducendo che le divinità pagane disegnate dal poeta romano quasi
affatto velavano la vera religione, in riferimento alla cattolicissima e
amata Francia, tradiva, al tempo stesso, la volontà di sopire le
controversie ancora vive tra Roma e il vescovo di Parigi, appoggiato da
Luigi XV, sulla giurisdizione di beni e nomine ecclesiastiche in terra di
Francia e ricordare peraltro al cattolicissimo regno d’Oltralpe il vincolo
di obbedienza alla Chiesa romana.
Veniva così conferita alla manifestazione poetico-musicale più la valenza di un «componimento dramatico»
– così
come del resto venne dichiarato sul libretto a stampa nel 1729, privo del
titolo che soltanto l’edizione Hérissant a Parigi (1780-82), rivista da
Metastasio, riportò definitivamente in vita – piuttosto che una celebrativa
e festiva… festa teatrale. La composizione di queste contraddizioni sarebbe
avvenuta nel quadro e negli usi delle celebrazioni popolari di Roma
quale luogo di universale rappresentazione degli eventi grandiosi e
memorabili della cattolica Europa, nel 1729 illustrati splendidamente grazie
all’apporto di pittori come Pier Leone Ghezzi e Giovanni Paolo Pannini, di
architetti e incisori come Filippo Vasconi e Francesco Nicoletti, oltre ai
più famosi cantanti del tempo, i castrati Giovanni Carestini detto il
Cusanino, Giacinto Fontana detto il Farfallino, Raffaele Signorini, Domenico
Ricci, Giuseppe Appiani e Francesco Tolve, interpreti canori de La
contesa de’ numi, mentre Roma, prima e dopo la festa teatrale,
accoglieva fastosi festeggiamenti nella piazza Agonale e la tradizionale
corsa dei cavalli berbéri al Corso.
Le ricerche di Laura Pietrantoni
documentano l’insieme dei contributi di tutti i maggiori esponenti delle
arti nella Roma sul finire (e oltre) gli anni Venti, dandoci preziose
informazioni anche sulle carriere di cantanti, pittori, scenografi,
musicisti e sulla carriera romana di Pietro Metastasio al Teatro delle Dame,
ex-Alibert.
In tanta dovizia di notazioni storiche è comprensibile che sia
talora sfuggita ai curatori della pregevole pubblicazione ceciliana la
correzione di refusi o un’incompletezza di informazione come risulta
dall’errata trascrizione del nome del compositore Egidio Romualdo Duni (p.
59, Vol. I), qui purtroppo citato come Egidio Doni (anche se alla
p. 60 Duni, cognome del musicista, viene scritto esattamente). Altrove, Giuseppe
Sigismondo, nel XVIII secolo famoso primo bibliotecario di San Pietro a
Majella a Napoli, musicista e collezionista in proprio delle più importanti
partiture della scuola napoletana, viene citato soltanto ed esclusivamente
come un quidam copista, mentre sono arcinote agli studiosi e alla
storiografia musicale i non trascurabili meriti artistico-culturali
specialmente per gli stretti rapporti di amicizia e collaborazione
intercorsi con Niccolò Jommelli.
Soffermandoci ancora
sulla documentazione iconografica che nel Vol. I
intende fornire le connessioni semantico-ermeneutiche ne La contesa de’
numi tra i linguaggi delle arti in quel 1729, straordinariamente… in gara
per festeggiamenti degni di un re, fatta eccezione per un ristretto numero
di immagini a colori, tutte le altre riproduzioni di incisioni raffiguranti
il cortile di Palazzo Altemps (Vasconi e Nicoletti), ovvero le caricature
dei cantanti castrati (Cusanino) o del musicista Vinci, ad esempio, hanno la
grandezza di un francobollo o poco più, come se il tecnico che ha preparato
la copia elettronica del volume per la stampa tipografica si sia dimenticato
di predisporre una più larga e leggibile configurazione di tutte le
riproduzioni di dipinti, incisioni e stampe d’epoca, cosicché queste
purtroppo risultano pressoché indiscernibili anche alla vista più attenta ed
acuta. Fortunatamente,
le
descrizioni
delle
mini-riproduzioni che affiancano
le stesse su testi della Pietrantoni suggeriscono gli elementi iconografici
e stimolano ancora di più la curiosità del lettore.
Per
quanto attiene al Vol. II nel quale è pubblicata la partitura, la cui
esecuzione e direzione nel 1997 e 1998 a Palazzo Altemps, così come oggi
avviene con la sua trascrizione a stampa, fu affidata a Rinaldo
Alessandrini, sarebbe stato desiderabile che fossero stati qui in questo
volume proposti e indicati i criteri della revisione ovvero della
trascrizione (come anche le ragioni di una disponibile e purtroppo elusa
edizione critica), affinché fosse evitato ai lettori un andirivieni febbrile
dal Vol. II al Vol. I nel quale sono pubblicate le essenziali note critiche
riguardanti le copie consultate per la presente edizione della musica di
Leonardo Vinci, così come la collazione dei libretti consultati. Peraltro, è
caso abbastanza raro che una trascrizione moderna di una partitura del
Settecento, rivista da uno specialista di fama come Alessandrini,
non rechi il suo nome direttamente sul frontespizio della stessa partitura,
quasi a ingenerare confusione tra i ruoli dei curatori, la musicologa Laura Pietrantoni e appunto il musicista Alessandrini.
Infine, la bellissima
riproduzione del famoso dipinto di William Hogarth, Marriage A la Mode:
4. The toilette sulla copertina della trascrizione della partitura di
Leonardo Vinci, giustificata per essere qui immortalato Giovanni Carestini
detto il Cusanino, il famoso cantante castrato interprete nella parte di
Giove ne La contesa de’ numi, provoca quasi una sorta di effetto
straniante e pressoché incongruo a causa degli opposti e non componibili
rinvii semantici evocati dai rispettivi linguaggi artistici e comunicativi,
cioè tra la festa teatrale del 1729, da una parte, e quelli della tela
satirica del 1743 del famoso pittore inglese, dall’altra. Hogarth, infatti,
sottolinea e significa fortemente le derive morali di una società fatua e
cinica di cui proprio il belcantismo, sua stralunante e ultima
enfatizzazione, risulta nel dipinto componente e compendio delle
contraddizioni esistenziali e sociali. Se si fosse inteso con il dipinto di
Hogarth marcare il decalage tra i costumi della borghesia inglese e
quelli della società dell’ancien régime nella Roma degli anni
Venti del Settecento, ben altro corredo di documenti, informazioni storiche
e iconografiche avrebbe dovuto essere offerto dando alla luce la
ricostruzione de La contesa de’ numi, la cui edizione, peraltro, reca
documenti nei quali è manifesta l’avversione e la critica dello stesso
Metastasio e dell’amato compositore Vinci per le degenerazioni del
virtuosismo dei cantanti e della mala pianta impresariale nel favorirne ogni
forma di abuso.
Occorre
altresì considerare che questa edizione ceciliana de La contesa de’ numi,
per l’impegno profuso, in particolare dalla musicologa Pietrantoni, nella
ricerca degli intrecci e imprestiti linguistico-culturali tra le arti in
quello scorcio degli anni Venti del Settecento, è una lodevole e inconsueta
–
e perciò assai apprezzabile – proposta editoriale integrale di offrire i
testi e i contesti di un’illustre partitura nata sui versi del maggiore poeta del
teatro musicale del secolo. |
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