La crisi
del mito di W.A. Mozart come dissolvimento del
pangermanesimo nella musica tonale
A proposito
di Luca Bianchini e Anna Trombetta
Mozart la caduta degli dei, 2 voll.,Youcanprint,
2016-2017
Pochi studi nel
campo della musicologia hanno raggiunto
l’intensità rivelatrice riguardo all’opera
musicale di W.A. Mozart con l’emersione di
verità finora negate alla stragrande maggioranza
degli amanti della musica in tutto il mondo,
come quella di recente conseguita da Luca
Bianchini e Anna Trombetta nei corposi e
sostanziosi tomi – parte prima e parte seconda –
del loro ultimo lavoro storiografico,
Mozart la caduta degli dei.
Baldur von Schirach
La scelta
da parte degli autori di iniziare la loro
indagine sul ruolo attribuito a Mozart durante
il periodo nazista da parte delle massime
autorità del regime, da Joseph Goebbels a Baldur
von Schirach, è il più rilevante diseppellimento
di scomode verità finora nascoste tra le comode
pieghe di facili e superficiali estetismi,
nonché di una pressoché totale perdita della
memoria storica.
La
costruzione di un genio musicale tedesco,
superiore ad ogni altra espressione formale e
linguaggio di altri popoli come l’italiano, il
francese l’inglese o lo spagnolo – messo da
parte Wagner manifestamente coinvolto nelle
trame della superiorità ariana propagandata in
ogni aspetto della vita artistica culturale e
sociale dai più stretti collaboratori di Hitler
quali Goebbels e Göring –, dopo la sconfitta
del nazismo al termine della II Guerra mondiale,
si è rivolto al recupero della figura di W.A.
Mozart, essendo stato quasi del tutto
dimenticato il ruolo fatto svolgere al
salisburghese durante il regime hitleriano.
Joseph Goebbels e Hermann Göring
Luca
Bianchini e Anna Trombetta documentano e
ricordano quale sia stato il ruolo, tra e dopo
le due guerre mondiali, della figura di Heinrich
Damish, uno tra i fondatori del Festival di
Salisburgo nel 1917, sostenitore delle tesi che
«la più forte delle umiliazioni che la mente
ariana abbia dovuto subire dopo la prima guerra
mondiale fu l’imbastardimento della musica con
le diverse forme del jazz e i suoi ritmi negri e
con gli strumenti nasali che tanto piacciono ai
giudei».
Damisch, considerato «uno tra i più distinti
campioni delle idee culturali austriache…,
pioniere instancabile per ciò che ha reso
Salisburgo famosa nel mondo: Mozart e il suo
Festival», nel 1942 insieme al trombettista
della Wiener Philharmoniker, Helmut Wobisch,
membro del partito nazista, identificava e
denunciava i musicisti ebrei dell’Orchestra
Filarmonica di Vienna, li faceva espellere e
deportare nei campi di concentramento. Dei
tredici maestri d’orchestra ebrei espulsi,
cinque sarebbero morti nei lager nazisti,
affinché Vienna corrispondesse perfettamente
agli adempimenti pretesi da Goebbels per la
capitale dell’ex Impero austro-ungarico quale
città «di cultura, musica, ottimismo e
convivialità». Lo stesso Concerto di Capodanno
nel Salone d’oro del Musikverein nasce
per volontà di Goebbels come strumento di
propaganda, e nel 1942 il ministro hitleriano
faceva produrre un film su Mozart, Colui che
gli dei amano, Wen die Götter Lieben, con la
regia di Karl Hartl, proiettato per la prima
volta il 5 dicembre del 1942 al Festival di
Salisburgo, ottemperando così anche alla
programmazione del lancio
propagandistico-divulgativo di un classicismo
viennese, la Wiener Klassik, di cui
sarebbero stati protagonisti Joseph Haydn,
Mozart e L. van Beethoven. Il musicista di Bonn
in una scena del film di Hartl si recava in
visita da Mozart morente e, per alleviare la
dipartita del collega, dinanzi a lui
improvvisava la sonata Al chiaro di luna.
La visita di Beethoven era ovviamente una pura
invenzione poiché questi nella realtà si
trasferì da Bonn a Vienna soltanto nel 1792,
l’anno dopo la morte di Mozart avvenuta il 5
dicembre del 1791. La plateale manomissione
della verità era comunque provvidenziale
per dimostrare ab ovo la nascita del
nuovo stile musicale tedesco, il classicismo
viennese, del tutto indipendente e indenne
da invasive e pervasive scuole di stile
italiano, fin troppo imperanti nelle corti
dell’intera Europa tardo feudale prima, e di lì
a poco napoleonica.
Wilhelm Furthwängler nel '39
L’ampia ed
esaustiva ricognizione storiografica di Luca
Bianchini ed Anna Trombetta sviluppata
attraverso l’attenta analisi degli apporti
musicologici tedeschi nella comprensione
strutturale della composizione musicale
mozartiana, dall’Ottocento romantico al
Novecento della sconfitta degli imperi centrali
nella I Guerra mondiale, dalla Germania
prussiana degli Hohenzollern all’impero
austro-ungarico, inquadra e prelude ad una fase
di quel vero e proprio revanchismo in
campo artistico e culturale per il quale la
superiorità del Geist tedesco sull’esprit
de finesse delle democrazie
liberali-parlamentari europee verrà
rappresentato dal genio creativo di Mozart. Sarà
proprio del genio assoluto, attivo fin dagli
anni pre-adolescenziali e completamente adeguato
e padrone di ogni momento espressivo e
compositivo dell’arte tonale, dall’esecuzione al
cembalo sino alla scrittura musicale di sonate e
concerti, contribuire con la sua riscoperta e
totale valorizzazione al recupero della identità
collettiva e nazionale della Germania sino alla
crisi della Repubblica di Weimar delle
istituzioni della democrazia parlamentare,
culminata nell’affermazione al potere del
partito nazionalsocialista di Hitler e alla
dittatura.
Se quindi l’obiettivo del nazionalismo
hitleriano è stato, come è stato, quello di
diffondere e sostenere prima di tutto fra le
popolazioni europee di lingua tedesca la
superiorità della Germania come stirpe e razza,
come lingua e cultura rispetto a tutti gli altri
popoli e nazioni dell’Europa e del mondo
occidentale, a questo grande compito ha
contribuito durevolmente sia la musica
strumentale che quella cantata per la messa in
scena dell’opera seria e dell’opera buffa di
W.A. Mozart.
L’indagine storiografica di Luca Bianchini ed
Anna Trombetta procede passo dopo passo dai
primi anni di formazione del giovanissimo
Wolfgang con l’apprendistato musicale, insieme
alla sorella Nannerl, predisposto e direttamente
impartito dal padre Leopold Mozart sino via via
alle esibizioni come fanciullo prodigio alle
corti di Salisburgo, quindi a Vienna, a Monaco,
Mannheim, poi negli anni della giovinezza ai
viaggi in Italia da Milano a Bologna, da Roma a
Napoli, in Francia, e nella fase finale della
sua vita dal 1781 al 1791 di nuovo Vienna e poi
a Francoforte e Praga. In questo percorso
ricostruito con assoluta padronanza delle fonti
documentali, mediante il confronto critico con
la storiografia pro e contra Mozart, il
quadro che emerge della complessa figura di una
tra le personalità più amate ma al tempo stesso
più controverse della musica occidentale,
restituisce la fisionomia di una individualità
tragica rivolta, fino allo spasimo e
all’autodistruzione, alla ricerca disperata del
pieno riconoscimento dei propri mezzi espressivi
e creativi nell’arte tonale, sia nella musica
strumentale che nell’opera cantata, in
particolare, e soprattutto nella lingua
nazionale tedesca.
La ricerca di
una pressoché impossibile accettazione della sua
opera di musicista e di compositore presso la
corte viennese nella seconda metà del XVIII
secolo è dimostrata in Mozart la caduta degli
dei dipendere dalla rivalità e competizione
tra i diversi compositori che affollaronono
l’offerta musicale presso i teatri di corte e i
teatri nazionali via via in lenta ma costante
costruzione. Tanto fu rilevante questa rivalità
e competizione da determinare costantemente nel
tempo della seconda parte del XVIII secolo un
vero e proprio saccheggio da parte di ciascuno
dei contendenti delle partiture più interessanti
e ben strutturate dei rivali, in modo da
risolvere sia i limiti naturali di una propria
formazione artistica forzata ed affrettata –
questo sarà il caso di W.A. Mozart – sia
l’urgente soddisfazione di contratti e
committenze di composizioni musicali provenienti
dalle massime autorità istituzionali del tempo.
Wolfgang Amadeus Mozart
Le
particolari vicende scaturite da tale
appropriazione indebita in un regime di totale
assenza di tutela del dominio e controllo della
creazione artistica individuale – il famoso
riconoscimento del diritto d’autore arrivato ad
affermarsi soltanto dalla seconda metà del XIX
secolo – occupano gran parte del racconto assai
utile ed istruttivo ed assolutamente innovativo
di Bianchini e Trombetta, specialmente in
relazione alle dinamiche scaturenti nella storia
tra originalità esclusiva dell’autore di una
composizione musicale e
l’estensione/completamento della stessa da parte
dell’interprete; e/o di una serie di interpreti
di epoche successive alla vita del musicista.
Mozart la
caduta degli dei
dimostra pertanto, con dovizia di esempi
concreti quasi mai finora individuati ed
analizzati dagli altri studiosi, che alla
partecipazione della costruzione – ed oggi
dissoluzione – di un mito creativo nel campo
dell’arte tonale non hanno contribuito soltanto
finalismi e soggetti decisamente extra-musicali
e determinati da scopi ideologico-politici come
quelli devastanti del pangermanesimo, ma anche
quelli di un’organizzazione-non-organica della
creazione artistica volta a realizzare il
mantenimento conservativo di una pretesa
sacralità della sua funzione allorché sono
soprattutto sul punto di scomparire, o di essere
profondamente modificate e ridotte dall’attuale
globalizzazione della riproduzione industriale
dell’opera d’arte, le forme del linguaggio
comunicativo della musica classica in ogni sua
declinazione e versione.
La cappella di Santo Stefano a Vienna
A tale
stravolgimento appartiene la recente geniale
manipolazione nella rappresentazione della
Carmen di Bizet a Firenze, in cui la
protagonista, trasformata peraltro da zingara
gitana in una nomade di cultura rom, in
omaggio all’attuale universale e politicamente
corretta rivendicazione della parità dei diritti
civili tra uomo e donna, uccide con un colpo di
pistola don José invece di essere uccisa a
coltellate dal geloso torero, come invece era
previsto nel finale originale di Prospero
Mérimée. La sorte però ha voluto che alla prima
del 7 gennaio al Maggio fiorentino l’arma della
giusta punizione del reo si inceppasse…Goebbels
e Göring non avrebbero commesso errori di tale
gravità!
Mario Valente –
Roma, gennaio 2018