POMPEO BATONI, Ritratto di Pietro Metastasio











 
THOMAS HUDSON, Ritratto di Haendel (1747)

G. F. Haendel, Ezio
(Libretto di Pietro Metastasio), Ouverture

In occasione dell'esecuzione in prima assoluta in Italia dell'Ezio (Metastasio-Haendel) il 25 settembre 2008 al Festival MITO presso il Conservatorio G. Verdi di Torino, MOS contribuisce all'evento lirico-sinfonico pubblicando il libretto originario di Pietro Metastasio e l'Ouverture dell'Opera di Haendel eseguita a Londra nel 1732. Si ringrazia il M° Fernando De Luca, esecutore al cembalo dell'Ouverture haendeliana nella versione trascritta per tastiera e pubblicata dall'editore Walsh negli anni Cinquanta del Settecento a Londra.


Ezio. Drama da rappresentarsi nel Regio Teatro di Hay-market.
Done into Enlish by Mr. Humphreys.
London, T. Wood, to be sold at the King’s Theatre in the Hay-Market, 1732. Pag. 63.
Testo italiano e inglese a fronte.
Personaggi: Anna Bagnolesi (Valentiniano); Anna Strada del Po’ (Fulvia); signor Senesino (Ezio); Francesca Bertolli (Onoria); Gio. Battista Pinacci (Massimo); Antonio Montagnana (Varo).

Claudio Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Bertola & Locatelli, Cuneo, 1991, III, scheda n. 9472, p. 85

 
 
 
Selezionando (fare click con il pulsante del mouse) il frontespizio soprastante
si può sfogliare e leggere Ezio di Pietro Metastasio nell'edizione Zatta, Venezia 1781
 
 

GEORG FRIEDRICH HAENDEL, Ezio (Londra, 1732), Ouverture, Grave-Allegro

 
 
Selezionando (fare click con il pulsante del mouse) il frontespizio soprastante
si può sfogliare e leggere Ezio di Haendel nell'edizione Chrysander, Leipzig, 1880
 

 

 

 

 

 

 

Ezio

Dramma per musica di Pietro Metastasio, musica di Pietro Auletta (Roma, Teatro delle Dame, 1729)

Ezio

Drama da Pietro Metastasio, musica di Georg Friedrich Haendel, da rappresentarsi nel Regio Teatro di Hay-Market, London, 1732

Proponiamo qui di seguito due diverse letture critiche dell’Ezio di Pietro Metastasio.

La prima, in ordine di tempo, è di Reinhard Strohm, storico della musica, Georg Friedrich Haendel: Ezio (Londra 1732), in L’opera italiana nel Settecento, trad. it., Marsilio, Padova, 1991, pp. 190-198.

La seconda è di Maria Grazia Accorsi, Etica nichomachea e Poetica nei primi drammi italiani di Metastasio, in La tradizione classica nelle arti del XVIII secolo e la fortuna di Metastasio a Vienna, Atti del Convegno Internazionale di Studi in occasione delle Celebrazioni per il 3° Centenario della nascita di Pietro Metastasio, Vienna 17-18-19-20 Maggio 2000, Nationalbibliothek-Prunksaal, a cura di M. Valente e E. Kanduth,  Roma, Artemide, 2003, pp. 388-403.

Lasciamo ai lettori trarre ogni giudizio e opinione dalle analisi a volte divergenti e contrastanti dei due studiosi, frutto in Strohm dei preminenti interessi musicologici, dell’indagine poetico-letteraria e drammaturgica nell’Accorsi, in ogni caso, a nostro avviso, sempre interessanti e stimolanti dai loro rispettivi punti di vista.

 

Selezionando (fare click con il pulsante del mouse) il frontespizio a sinistra si può sfogliare e leggere il saggio di R. Strohm sull'Ezio di Haendel

Selezionando (fare click con il pulsante del mouse) il frontespizio a destra si può sfogliare e leggere il saggio di M. G. Accorsi sull'Ezio di Pietro Metastasio

Da Londra a Torino: il mistero dell'Ezio (Metastasio-Haendel)

Ezio di Georg Friedrich Haendel al Conservatorio di musica “Giuseppe Verdi” di Torino, 25 Settembre 2008 – MITO  Settembre Musica 2008 – Torino Milano – Festival Internazionale della Musica Seconda Edizione

Per il grande finale del Festival MITO – Settembre Musica 2008, non si sarebbe potuto programmare a Torino, Sala del Conservatorio “Giuseppe Verdi”, esecuzione più appropriata dell’Ezio, il dramma per musica composto da Pietro Metastasio nel 1728 per il Teatro delle Dame (ex-Alibert) a Roma, messo in scena con le musiche di Pietro Auletta nel dicembre di quello stesso anno, ripreso e nuovamente intonato da Georg Friedrich Haendel a Londra nel gennaio del 1732 e rappresentato al King’s Theatre di Haymarket.

Sembra che l’Ezio haendeliano, infatti, in Italia non sia mai stato eseguito né rappresentato nel XX secolo; abbiamo dovuto attendere questo primo scorcio del III millennio per ascoltare le musiche composte dal compositore caro agli Hannover inglesi sui versi del dramma giovanile del periodo romano di Pietro Metastasio.

Ma alle premesse allettanti, corroborate dalla direzione orchestrale affidata ad Alan Curtis, gloria storica tra i maggiori interpreti sia della musica haendeliana che della tradizione barocca e post-barocca, non ha purtroppo corrisposto un’esecuzione del livello artistico e culturale che pure avrebbe dovuto caratterizzare il “Gran Finale” del Festival Mi-To, curato da Enzo Restagno, nella sua seconda edizione.

Abbiamo già fornito un contributo all’evento torinese, pubblicando su questo stesso website, interamente dedicato all’opera di Metastasio, sia il testo dell’Ezio del poeta romano sia la partitura completa dell’opera di Haendel, oltre all’analisi di Reinhard Strohm e di Maria Grazia Accorsi, rispettivamente sull’intonazione del musicista sassone e sul senso e la struttura poetico-teatrale del dramma di Metastasio.

Proprio l’intervento critico di Strohm rinviava all’opportunità di far risaltare le innovazioni compositive d’avanguardia – per l’epoca, beninteso – adottate da G.F. Haendel, riguardanti essenzialmente il ricorso ai musicalmente ricchi recitativi accompagnati, quasi una folgorante anticipazione del processo di autonomizzazione della musica dal testo poetico, processo culminato nella fioritura di fine secolo della scuola classica viennese. Nell’esecuzione in forma di concerto dell’Ezio torinese, ai tagli dei recitativi già all’epoca operati con ogni probabilità da Samuel Humphreys su suggerimento di Haendel, sono subentrati altri tagli e posposizioni dei versi del dramma, talchè non solo non è stato consentito seguire l’ordine e perciò il senso del plot drammaturgico, ma oltretutto l’autonomia della frase musicale haendeliana, come libero commento al recitativo metastasiano, si è quasi del tutto persa sia nella lentezza dei tempi scelti da parte di Alan Curtis, sia a causa del sovrastare, per contro, dei tempi musicali delle Arie e dei numerosi “da capo”. Il risultato è stato la disarticolazione della tenuta narrativa con la ovvia perdita di coesione e coerenza del dramma così da mettere a repentaglio sia la comprensione che la comunicazione dei significati e del senso dell’opera musicale.

Che il compito di eseguire ai giorni nostri l’Ezio di Haendel fosse cosa complessa e a suo modo ardua era già stato segnalato dalla storia della prima londinese, dell’insuccesso nel quale era incappato il musicista sassone di fronte al pubblico dell’Haymarket, in grande difficoltà dinanzi alla sconosciuta lingua italiana, al complesso intreccio del libretto di Metastasio, denso di notazioni psicologiche e intrecci amorosi, di rinvii all’altrettanto poco conosciuta storia politica del basso Impero romano, ormai prossimo alla sua estinzione. Il dramma del periodo romano di Metastasio prende le mosse dalle tragiche vicende della corte di Valentiniano III e dalle congiure di palazzo ordite da eminenti patrizi (Massimo), dalle soperchierie e dai ricatti dell’imperatore, mentre, di contro, emerge il ruolo del generale Ezio, salvatore di Roma  dalle invasioni barbariche. Ezio, vincitore di Attila, re degli Unni, vuole ottenere, insieme e dopo il riconoscimento pubblico dei suoi meriti militari e della sua dedizione a Roma, soltanto l’unione con Fulvia, figlia del patrizio Massimo, già a lui legata, ma desiderata anche da Valentiniano III. L’imperatore, antecedemente,  aveva già insidiato la moglie di Massimo, madre della giovane patrizia.

Ezio, al ritorno dal trionfo ai Campi Catalaunici, viene fatto oggetto dell’invidia dell’imperatore sia per la popolarità acquisita presso i Romani, sia perché rappresenta l’ostacolo ai desideri di Valentiniano riguardo a Fulvia.

Nel dramma di Metastasio, Ezio è disposto a rinunciare a tutto, persino all’amore di Fulvia, ma non al riconoscimento di avere dedicato tutta la sua esistenza alla salvezza di Roma.

Coerentemente alla fede per Roma, egli rifiuta di tradire l’imperatore e partecipare alla congiura, ordita da Massimo, per assassinarlo, e della quale verrà comunque ingiustamente accusato. L’Ezio è quindi il dramma che rappresenta e scolpisce la magnanimità dell’eroe romano: l’esito a lieto fine costruito da Metastasio per il generale Ezio, ben diversamente da quello che avvenne nella realtà storica che invece lo vide perire per volontà dell’imperatore-despota, con la verosimiglianza della finzione scenica propose al pubblico dell’epoca la speranza nella giustizia, ancorchè esercitata da un potere assoluto, proiettandone le virtù sognate nella grandezza d’animo del protagonista. La complessità del plot drammaturgico richiese, già all’epoca della prima haendeliana, la predisposizione del libretto con la traduzione a fronte in inglese  dei versi in italiano ricavati dal dramma metastasiano.

Al contrario, per l’esecuzione in forma di concerto a Torino, consentire al pubblico sia la comprensione dei versi cantati dagli interpreti del dramma messo in musica da Haendel, sia fornire il testo integrale composto da Metastasio per avvicinarsi alla comprensione dei cambiamenti voluti dal musicista, sono stati inopinatamente e inspiegabilmente ritenuti un lusso superfluo. Né lo smilzo e avaro libretto di sala conteneva i versi intonati da Haendel, per non parlare del libretto di Metastasio del tutto ignorato, e neppure nella sala del Conservatorio “G. Verdi” è stato predisposto l’ormai usuale display elettronico sul quale potessero essere letti i versi cantati, quasi che, a differenza del pubblico inglese, quello italiano naturaliter dovesse tutto capire, trama e musica, attraverso la lezione  haendeliana e il canto degli interpreti chiamati a mettere in voce, con le rispettive parti, i versi italiani.   

Così purtroppo non è stato.

L’esecuzione in forma di concerto del dramma musicale si è caratterizzata più quale performance di una sequenza di Arie piuttosto che quale vera opera teatrale, privata, come è stato, di scenografie, azioni sceniche e con la relativa riduzione di declamazione e recitazione degli interpreti alla mera statica lettura e canto delle rispettive parti solistiche. Paradosso dei paradossi poi è stato il soggiacere, con l’esecuzione dell’Ezio in forma di concerto, proprio a quegli intrecci amorosi e sentimentali dell’opera seria italiana, espressi dalla fissità canora- non- dialogante tra loro degli interpreti.

Haendel aveva ben presto imparato a rifuggire dalla trappola sentimentale, desiderando il compositore sassone decisamente liberarsene per avvicinarsi al climax poetico-culturale peculiare della storia e dell’anima inglese, molto più sensibile questa alle vicende politiche, epiche e tragiche della propria tradizione teatrale che non ad intrecci amorosi desunti da tradizioni letterarie straniere, per giunta improbabilmente mescolati alle maestose figure storiche dei protagonisti dei drammi, in lingua italiana, di Pietro Metastasio. Prima che il musicista tedesco trovasse nello stesso anno 1732, in Sosarme, re di Media, la cifra per dare all’opera seria una connotazione tragica ed agogica più stringente, il rimaneggiamento dei recitativi nell’Ezio si erano già indirizzati verso la riduzione dell’intreccio sentimentale ed introspettivo, senza però conseguire il successo desiderato presso il pubblico inglese, a causa del vincolo organico e poetico, drammatico e strutturale del libretto di Metastasio, pur sempre dominante, nonostante i tagli apportati ai suoi versi.

Perciò, gli sforzi quasi affatto eroici del mezzosoprano Ann Hallenberg, nella parte di Ezio diretto da Alan Curtis, nel cercare di esprimere la virtù della magnanimità del generale romano non hanno potuto interagire né con le pretese autoritarie dell’imperatore Valentiniano, qui interpretate dal contralto Sonia Prina, non a suo agio nel dare forma alle ambiguità del personaggio, né con le astuzie e gli intrighi di Massimo, interpretato dal tenore Anicio Zorzi Giustiniani, impegnato più ad esprimere le proprie doti canore propiziate dalla musica haendeliana, che non a comunicare il ruolo assegnatoli dal testo poetico-musicale. È toccato proprio ai dolenti protagonisti-interpreti di amori e sentimenti messi a dura prova fornire, se non altro, una più adeguata e convincente prova artistica. Così è stato per il soprano Karina Gauvin nella parte di Fulvia (quantunque la sua figura in scena sia risultata alquanto inadeguata al personaggio delineato da Metastasio), e per il mezzosoprano Marianne Andersen, nella parte di Onoria, troppo ingiustamente sacrificata sia per i rimaneggiamenti di Haendel sia per i tagli arrecati da Alan Curtis.

Il risultato forse più interessante e rilevante di questa esecuzione dell’Ezio in Italia potrebbe essere consistito nell’avere consentito ad Alan Curtis e al suo complesso barocco un buon banco di prova in vista della futura registrazione su CD dell’intonazione di Georg Friedrich Haendel.

Per quanto riguarda le attese sempre più pressanti e culturalmente interessate del pubblico italiano ed internazionale per l’opera italiana di Pietro Metastasio e dei suoi musicisti, l’auspicio e l’augurio più sinceri sono rivolti ad esecuzioni e rappresentazioni che facciano di una filologia critica, estesa ed integrata dalle  necessarie connessioni con la poesia, la musica e il teatro, il perno per nuove e più rigorose interpretazioni. L’auspicio è assistere ad una interpretazione dell’opera italiana del Settecento che non si limiti soprattutto ed esclusivamente a direzioni orchestrali che curino, talora anche con merito, la prassi musicale dell’epoca  avvalendosi degli strumenti originari.

Dopo tutto – questo è un elemento fondamentale purtroppo  oggi troppo spesso ignorato e trascurato – Georg Friedrich Haendel aveva legato e impegnato la sua creatività musicale ad interpretare e rafforzare con l’Ezio i valori connotativi peculiari e propri del teatro musicale di Pietro Metastasio, intervenendo cioè su una composizione poetico-formale già di per sé e prioritariamente comunicante significati e senso, seppure con l’indispensabile integrazione della musica richiesta e prevista dallo stesso librettista.

In altri termini, il musicista sassone con l’Ezio, così come nei drammi scritti, ad esempio, dal Rolli o dal Salvi, o dallo Haym  non aveva composto autonome strutture tonali  quali il Concerto grosso o la sinfonia, ma la sua musica costituiva il completamento di un organismo artistico-espressivo già dato e offerto alla comprensione e alla comunicazione di tutti.

Haendel era certamente consapevole della Gesamtkunstwerk costruita da Metastasio con il dramma – sulla quale opera totale sarà opportuno tornare in altra occasione – ma non ci è parso che Alan Curtis e la sua compagine orchestrale ne abbiano tenuto conto per questa esecuzione dell’Ezio, né, d’altro canto, come s’è detto qui sopra, sono stati offerti agli spettatori del “Gran Finale” del MITO le possibilità di poter confrontare, sia pure al termine del concerto, la struttura poetico-compositiva di Pietro Metastasio con quella a cui aveva dato forma con le sue musiche il compositore prediletto dalla corte inglese. 

Settembre 2008                                                            Mario Valente

 

 

 

 

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