Ezio
Dramma per musica di Pietro Metastasio, musica di Pietro Auletta
(Roma, Teatro delle Dame, 1729)
Ezio
Drama da Pietro Metastasio, musica di Georg Friedrich Haendel,
da rappresentarsi nel Regio Teatro di Hay-Market, London, 1732
Proponiamo qui di seguito due diverse letture critiche dell’Ezio
di Pietro Metastasio.
La prima, in ordine di tempo, è di Reinhard Strohm, storico
della musica, Georg Friedrich Haendel: Ezio (Londra 1732),
in L’opera italiana nel Settecento, trad. it., Marsilio,
Padova, 1991, pp. 190-198.
La seconda è di Maria Grazia Accorsi, Etica nichomachea e
Poetica nei primi drammi italiani di Metastasio, in La
tradizione classica nelle arti del XVIII secolo e la fortuna di
Metastasio a Vienna, Atti del Convegno Internazionale di
Studi in occasione delle Celebrazioni per il 3° Centenario della
nascita di Pietro Metastasio, Vienna 17-18-19-20 Maggio 2000,
Nationalbibliothek-Prunksaal, a cura di M. Valente e E. Kanduth,
Roma, Artemide, 2003, pp. 388-403.
Lasciamo ai lettori trarre ogni giudizio e opinione dalle
analisi a volte divergenti e contrastanti dei due studiosi,
frutto in Strohm dei preminenti interessi musicologici,
dell’indagine poetico-letteraria e drammaturgica nell’Accorsi,
in ogni caso, a nostro avviso, sempre interessanti e stimolanti
dai loro rispettivi punti di vista.
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Da Londra a Torino:
il mistero dell'Ezio (Metastasio-Haendel)
Ezio di Georg Friedrich Haendel al Conservatorio di musica “Giuseppe Verdi”
di Torino, 25 Settembre 2008 – MITO Settembre Musica 2008 –
Torino Milano – Festival Internazionale della Musica Seconda
Edizione
Per il grande finale del Festival
MITO – Settembre Musica 2008, non si sarebbe potuto programmare
a Torino, Sala del Conservatorio “Giuseppe Verdi”, esecuzione
più appropriata dell’Ezio, il dramma per musica composto
da Pietro Metastasio nel 1728 per il Teatro delle Dame (ex-Alibert)
a Roma, messo in scena con le musiche di Pietro Auletta nel
dicembre di quello stesso anno, ripreso e nuovamente intonato da
Georg Friedrich Haendel a Londra nel gennaio del 1732 e
rappresentato al King’s Theatre di Haymarket.
Sembra che l’Ezio
haendeliano, infatti, in Italia non sia mai stato eseguito né
rappresentato nel XX secolo; abbiamo dovuto attendere questo
primo scorcio del III millennio per ascoltare le musiche
composte dal compositore caro agli Hannover inglesi sui versi
del dramma giovanile del periodo romano di Pietro Metastasio.
Ma alle premesse allettanti,
corroborate dalla direzione orchestrale affidata ad Alan Curtis,
gloria storica tra i maggiori interpreti sia della musica
haendeliana che della tradizione barocca e post-barocca, non ha
purtroppo corrisposto un’esecuzione del livello artistico e
culturale che pure avrebbe dovuto caratterizzare il “Gran
Finale” del Festival Mi-To, curato da Enzo Restagno, nella sua
seconda edizione.
Abbiamo già fornito un contributo
all’evento torinese, pubblicando su questo stesso website,
interamente dedicato all’opera di Metastasio, sia il testo dell’Ezio
del poeta romano sia la partitura completa dell’opera di Haendel,
oltre all’analisi di Reinhard Strohm e di Maria Grazia Accorsi,
rispettivamente sull’intonazione del musicista sassone e sul
senso e la struttura poetico-teatrale del dramma di Metastasio.
Proprio l’intervento critico di
Strohm rinviava all’opportunità di far risaltare le innovazioni
compositive d’avanguardia – per l’epoca, beninteso – adottate da
G.F. Haendel, riguardanti essenzialmente il ricorso ai
musicalmente ricchi recitativi accompagnati, quasi una
folgorante anticipazione del processo di autonomizzazione della
musica dal testo poetico, processo culminato nella fioritura di
fine secolo della scuola classica viennese. Nell’esecuzione in
forma di concerto dell’Ezio torinese, ai tagli dei
recitativi già all’epoca operati con ogni probabilità da Samuel
Humphreys su suggerimento di Haendel, sono subentrati altri
tagli e posposizioni dei versi del dramma, talchè non solo non è
stato consentito seguire l’ordine e perciò il senso del plot
drammaturgico, ma oltretutto l’autonomia della frase musicale
haendeliana, come libero commento al recitativo metastasiano, si
è quasi del tutto persa sia nella lentezza dei tempi scelti da
parte di Alan Curtis, sia a causa del sovrastare, per contro,
dei tempi musicali delle Arie e dei numerosi “da capo”. Il
risultato è stato la disarticolazione della tenuta narrativa con
la ovvia perdita di coesione e coerenza del dramma così da
mettere a repentaglio sia la comprensione che la comunicazione
dei significati e del senso dell’opera musicale.
Che il compito di eseguire ai
giorni nostri l’Ezio di Haendel fosse cosa complessa e a
suo modo ardua era già stato segnalato dalla storia della prima
londinese, dell’insuccesso nel quale era incappato il musicista
sassone di fronte al pubblico dell’Haymarket, in grande
difficoltà dinanzi alla sconosciuta lingua italiana, al
complesso intreccio del libretto di Metastasio, denso di
notazioni psicologiche e intrecci amorosi, di rinvii
all’altrettanto poco conosciuta storia politica del basso Impero
romano, ormai prossimo alla sua estinzione. Il dramma del
periodo romano di Metastasio prende le mosse dalle tragiche
vicende della corte di Valentiniano III e dalle congiure di
palazzo ordite da eminenti patrizi (Massimo), dalle soperchierie
e dai ricatti dell’imperatore, mentre, di contro, emerge il
ruolo del generale Ezio, salvatore di Roma dalle invasioni
barbariche. Ezio, vincitore di Attila, re degli Unni, vuole
ottenere, insieme e dopo il riconoscimento pubblico dei suoi
meriti militari e della sua dedizione a Roma, soltanto l’unione
con Fulvia, figlia del patrizio Massimo, già a lui legata, ma
desiderata anche da Valentiniano III. L’imperatore,
antecedemente, aveva già insidiato la moglie di Massimo, madre
della giovane patrizia.
Ezio, al ritorno dal trionfo ai
Campi Catalaunici, viene fatto oggetto dell’invidia
dell’imperatore sia per la popolarità acquisita presso i Romani,
sia perché rappresenta l’ostacolo ai desideri di Valentiniano
riguardo a Fulvia.
Nel dramma di Metastasio, Ezio è
disposto a rinunciare a tutto, persino all’amore di Fulvia, ma
non al riconoscimento di avere dedicato tutta la sua esistenza
alla salvezza di Roma.
Coerentemente alla fede per Roma,
egli rifiuta di tradire l’imperatore e partecipare alla
congiura, ordita da Massimo, per assassinarlo, e della quale
verrà comunque ingiustamente accusato. L’Ezio è quindi il
dramma che rappresenta e scolpisce la magnanimità dell’eroe
romano: l’esito a lieto fine costruito da Metastasio per il
generale Ezio, ben diversamente da quello che avvenne nella
realtà storica che invece lo vide perire per volontà
dell’imperatore-despota, con la verosimiglianza della finzione
scenica propose al pubblico dell’epoca la speranza nella
giustizia, ancorchè esercitata da un potere assoluto,
proiettandone le virtù sognate nella grandezza d’animo del
protagonista. La complessità del plot drammaturgico richiese,
già all’epoca della prima haendeliana, la predisposizione del
libretto con la traduzione a fronte in inglese dei versi in
italiano ricavati dal dramma metastasiano.
Al contrario, per l’esecuzione in
forma di concerto a Torino, consentire al pubblico sia la
comprensione dei versi cantati dagli interpreti del dramma messo
in musica da Haendel, sia fornire il testo integrale composto da
Metastasio per avvicinarsi alla comprensione dei cambiamenti
voluti dal musicista, sono stati inopinatamente e
inspiegabilmente ritenuti un lusso superfluo. Né lo smilzo e
avaro libretto di sala conteneva i versi intonati da Haendel,
per non parlare del libretto di Metastasio del tutto ignorato, e
neppure nella sala del Conservatorio “G. Verdi” è stato
predisposto l’ormai usuale display elettronico sul quale
potessero essere letti i versi cantati, quasi che, a differenza
del pubblico inglese, quello italiano naturaliter dovesse
tutto capire, trama e musica, attraverso la lezione haendeliana
e il canto degli interpreti chiamati a mettere in voce, con le
rispettive parti, i versi italiani.
Così purtroppo non è stato.
L’esecuzione in forma di concerto
del dramma musicale si è caratterizzata più quale performance
di una sequenza di Arie piuttosto che quale vera opera teatrale,
privata, come è stato, di scenografie, azioni sceniche e con la
relativa riduzione di declamazione e recitazione degli
interpreti alla mera statica lettura e canto delle
rispettive parti solistiche. Paradosso dei paradossi poi è stato
il soggiacere, con l’esecuzione dell’Ezio in forma di
concerto, proprio a quegli intrecci amorosi e sentimentali
dell’opera seria italiana, espressi dalla fissità canora- non-
dialogante tra loro degli interpreti.
Haendel aveva ben presto imparato
a rifuggire dalla trappola sentimentale, desiderando il
compositore sassone decisamente liberarsene per avvicinarsi al
climax poetico-culturale peculiare della storia e
dell’anima inglese, molto più sensibile questa alle vicende
politiche, epiche e tragiche della propria tradizione teatrale
che non ad intrecci amorosi desunti da tradizioni letterarie
straniere, per giunta improbabilmente mescolati alle maestose
figure storiche dei protagonisti dei drammi, in lingua italiana,
di Pietro Metastasio. Prima che il musicista tedesco trovasse
nello stesso anno 1732, in Sosarme, re di Media, la cifra
per dare all’opera seria una connotazione tragica ed agogica più
stringente, il rimaneggiamento dei recitativi nell’Ezio
si erano già indirizzati verso la riduzione dell’intreccio
sentimentale ed introspettivo, senza però conseguire il successo
desiderato presso il pubblico inglese, a causa del vincolo
organico e poetico, drammatico e strutturale del libretto di
Metastasio, pur sempre dominante, nonostante i tagli apportati
ai suoi versi.
Perciò, gli sforzi quasi affatto
eroici del mezzosoprano Ann Hallenberg, nella parte di Ezio
diretto da Alan Curtis, nel cercare di esprimere la virtù della
magnanimità del generale romano non hanno potuto interagire né
con le pretese autoritarie dell’imperatore Valentiniano, qui
interpretate dal contralto Sonia Prina, non a suo agio nel dare
forma alle ambiguità del personaggio, né con le astuzie e gli
intrighi di Massimo, interpretato dal tenore Anicio Zorzi
Giustiniani, impegnato più ad esprimere le proprie doti canore
propiziate dalla musica haendeliana, che non a comunicare il
ruolo assegnatoli dal testo poetico-musicale. È
toccato proprio ai dolenti
protagonisti-interpreti di amori e sentimenti messi a dura prova
fornire, se non altro, una più adeguata e convincente prova
artistica. Così è stato per il soprano Karina Gauvin nella parte
di Fulvia (quantunque la sua figura in scena sia risultata
alquanto inadeguata al personaggio delineato da Metastasio), e
per il mezzosoprano Marianne Andersen, nella parte di Onoria,
troppo ingiustamente sacrificata sia per i rimaneggiamenti di
Haendel sia per i tagli arrecati da Alan Curtis.
Il risultato forse più
interessante e rilevante di questa esecuzione dell’Ezio
in Italia potrebbe essere consistito nell’avere consentito ad
Alan Curtis e al suo complesso barocco un buon banco di prova in
vista della futura registrazione su CD dell’intonazione di Georg
Friedrich Haendel.
Per quanto riguarda le attese
sempre più pressanti e culturalmente interessate del pubblico
italiano ed internazionale per l’opera italiana di Pietro
Metastasio e dei suoi musicisti, l’auspicio e l’augurio più
sinceri sono rivolti ad esecuzioni e rappresentazioni che
facciano di una filologia critica, estesa ed integrata dalle
necessarie connessioni con la poesia, la musica e il teatro, il
perno per nuove e più rigorose interpretazioni. L’auspicio è
assistere ad una interpretazione dell’opera italiana del
Settecento che non si limiti soprattutto ed esclusivamente a
direzioni orchestrali che curino, talora anche con merito, la
prassi musicale dell’epoca avvalendosi degli strumenti
originari.
Dopo tutto – questo è un elemento
fondamentale purtroppo oggi troppo spesso ignorato e trascurato
– Georg Friedrich Haendel aveva legato e impegnato la sua
creatività musicale ad interpretare e rafforzare con l’Ezio
i valori connotativi peculiari e propri del teatro musicale di
Pietro Metastasio, intervenendo cioè su una composizione
poetico-formale già di per sé e prioritariamente
comunicante significati e senso, seppure con l’indispensabile
integrazione della musica richiesta e prevista dallo stesso
librettista.
In altri termini, il musicista
sassone con l’Ezio, così come nei drammi scritti, ad
esempio, dal Rolli o dal Salvi, o dallo Haym non aveva composto
autonome strutture tonali quali il Concerto grosso o la
sinfonia, ma la sua musica costituiva il completamento di un
organismo artistico-espressivo già dato e offerto alla
comprensione e alla comunicazione di tutti.
Haendel era certamente
consapevole della Gesamtkunstwerk costruita da Metastasio
con il dramma – sulla quale opera totale sarà opportuno
tornare in altra occasione – ma non ci è parso che Alan Curtis e
la sua compagine orchestrale ne abbiano tenuto conto per questa
esecuzione dell’Ezio, né, d’altro canto, come s’è detto
qui sopra, sono stati offerti agli spettatori del “Gran Finale”
del MITO le possibilità di poter confrontare, sia pure al
termine del concerto, la struttura poetico-compositiva di Pietro
Metastasio con quella a cui aveva dato forma con le sue musiche
il compositore prediletto dalla corte inglese.
Settembre
2008
Mario Valente |