Mario Valente, Il candore dell'innocenza

Gian Burrasca con ELIO

ACCADEMIA FILARMONICA ROMANA

Teatro Olimpico, Roma 3 Marzo 2011  ore 21.00

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 2010-11

Concerti Danza Teatro

 Teatro Olimpico | giovedì 3 marzo 2011 ore 21.00

Nino Rota

(1911-1979)

 SUITE DALLA MUSICA PER FILM

 * * * * * * * *

GIAN BURRASCA

con ELIO

testo di Vamba

 rielaborazione testo e supervisione registica LINA WERTMULLER

arrangiamenti musicali di Giacomo Scaramuzza

elaborazione immagini Virginia Vianello
suoni Daniele Valentini | assistente regia Valerio Ruiz
costumi Patrizia Caggiati

 Corrado Giuffredi, clarinetto; Cesare Chiacchiaretta, fisarmonica

Giampaolo Bandini, chitarra; Federico Marchesano, contrabbasso

Danilo Grassi, percussioni


lo spettacolo è trasmesso in diretta da Rai Radio3

  

La sorpresa, perché lo è stata veramente, è stato assistere al Teatro Olimpico in Roma, sede storica delle messe in scena dell’Accademia Filarmonica Romana, ad una vera e propria jam-session teatral-musicale del cant-attore Elio (al secolo, Stefano Belisari) nei panni non solo di Gian Burrasca, la creatura primo novecentesca di Vamba (al secolo, Luigi Bertelli), ma anche in quelli di tutti gli altri personaggi, vittime designate della trasgressività simil-futurista del giovanissimo birbante, a suo modo iconoclasta delle sorti felici e progressive sognate dal benpensantismo borghese dell’Italia giolittiana.

La performance di Elio, ispirata alle 8 puntate dirette da Lina Wertmuller per la RAI-TV nel 1964, come è noto e conosciuto dagli italiani di una certa età, ha ancora una volta beneficiato della supervisione della regista, di recente insignita del David di Donatello alla carriera, e dopo avere viaggiato per l’Italia, da Venezia a Messina, nell’adattamento dei testi e nella selezione delle scene per l’Atto unico della durata di quasi un’ora e mezza, è arrivata finalmente e dulcis in fundo a Roma, forse non a caso, come avremo modo di argomentare tra poco.

In quest’unica rappresentazione l’Accademia Filarmonica Romana  ha colto l’opportunità di celebrare anche il centenario della nascita di Nino Rota le cui musiche svolsero un ruolo fondamentale nel decretare un successo senza precedenti a quel Giornalino di Gian Burrasca, lo sceneggiato televisivo destinato al sabato della grande famiglia italiana ancora in fiduciosa attesa dei mirabolanti e promessi sviluppi dell’italico novecentesco miracolo economico degli anni Sessanta.

«Elio, il Gian Burrasca del nuovo millennio», come ha detto Lina Wertmuller, vestiti i panni alla marinara degli adolescenti di inizio Novecento, dopo un ingresso sul palcoscenico in monopattino, canta le scene del Giornalino di Vamba con le musiche di Nino Rota dando vita al suo personaggio a partire dagli antefatti precedenti la catastrofica partecipazione alle nozze della sorella Virginia con l’avvocato Maralli.

Il centro focale e drammatico del Gian Burrasca del nuovo millennio si sviluppa quindi attraverso il protagonismo attivistico e irriverente sul microcosmo sociale  familiare, e sulle figure determinanti il suo destino di adolescente in lotta con le convenzioni e i conformismi, le ipocrisie e le doppiezze sociali di cui la allargata famiglia Stoppani è esempio vivente.

Elio alterna al canto di alcuni tra i testi della Wertmuller (1964) la recitazione della parte di personaggi  come Carlo Nelli (nello sceneggiato televisivo interpretato da Francesco Aluigi), dell’avvocato Maralli (nel 1964 interpretato dal grande Arnoldo Foà), della sorella Virginia (già messa in scena da Milena Vukotic), del vecchio e sordo Signor Venanzio (a suo tempo interpretato da Odoardo Spadaro), dal cui benessere e dalla cui eccentrica volontà dipenderanno le fortune e le sfortune della coppia Stoppani-Maralli, del Sig. Stanislao (nel 1964 interpretato magistralmente da Sergio Tofano), il direttore del collegio in cui Gian Burrasca viene relegato per le malefatte ai danni dell’avvocato Maralli, della signora Gertrude (impersonificata da un’indimenticabile Bice Valori, costretta a recitare piegata in due sulle ginocchia per mimare la grassa e bassa Gertrude), di Tito Barozzo (nel 1964 intepretato da Edoardo Nevola), lo sfortunato e perseguitato compagno di collegio di Gian Burrasca per il quale Vamba mette in bocca alla sua “birba” una commovente e malinconica esaltazione dell’amicizia.

       

La narrazione melodrammatica del Giornalino, grazie all’energia instancabile di Elio, al controcanto dei music-attori del formidabile complesso cameristico alle sue spalle, disponibili ad uscire dai ruoli precostituiti e ad entrare in scena appena il protagonista e la circostanza scenica gliene offrano il destro, non subisce né perdita di ritmo e coerenza-godibilità comunicativa, tanto da suscitare gli applausi mentre si svolge ancora l’azione, anche e soprattutto da parte di un piccolo, agguerrito ed entusiasta gruppo di giovanissimi spettatori, ironicamente rimproverato da Elio-Gian Burrasca quasi a voler far credere di dovergli portare rispetto nella parte di interprete e custode della rappresentazione teatrale: «Così non si fa…adesso sono problemi vostri! ».

È stata questa la migliore dimostrazione, forse, che Elio, il Gian Burrasca del nuovo millennio, ha raggiunto l’obiettivo più importante dell’ultima impersonificazione della creatura di Vamba: suscitare il desiderio di un’autenticità morale, ossia di valori universali, oggi non solo negletti e disprezzati come l’amicizia e la solidarietà, presso tutte quelle giovani generazioni e nuove energie che possano affermare la necessità inequivoca  della verità  contro le falsificazioni sociali provocate dall’imperante affermazione di un possessivo individualismo di massa alla perenne ricerca del consumo  egoistico di beni, di merci e di denaro.

Nel contesto storico, politico ed economico degli anni Sessanta del Novecento l’adattamento televisivo dell’opera di Vamba, affidato alla Wertmuller con un cast di interpreti di primissimo livello, da Rita Pavone a Ivo Garrani, da Milena Vukotic ad Arnoldo Foà, da Bice Valori a Paolo Ferrari, da Elsa Merlini a Mario Maranzana, intese forse fornire al pubblico di casa l’occasione di interpretare e giudicare con compiaciuto divertimento la distanza che separava l’Italietta del primo benessere dei ceti medi, ancora incerto ed insicuro, intriso di impauriti conformismi, di ipocrisie morali e formalismi, succube di grottesche contraddizioni, rispetto alla padronanza e sicurezza dei propri mezzi, meriti e competenze raggiunta dagli Italiani grazie alle ampie e diffuse opportunità di lavoro, conseguenti al decollo dell’Italia quale potenza industriale dell’Occidente, e alla realizzazione, seppure in fieri, dei diritti e doveri affermati dalla Costituzione del 1948 nata dalla vittoriosa guerra di Resistenza al Nazi-Fascismo.

Vent’ anni dopo la fine della II Guerra mondiale, la Democrazia Cristiana, il partito fino ad allora dominante pressochè in solitudine, grazie ad Aldo Moro, si apprestava a dare forma politica ad un’epocale trasformazione sociale riconoscendo il ruolo svolto dai ceti subalterni e dalla classe operaia nel progresso civile ed economico del paese con il promuovere la nascita del centro-sinistra e chiedendo al Partito Socialista di assumere responsabilità di governo politico e nelle istituzioni.

Nell’ironica canzonetta Viva la pappa col pomodoro, testo della Wertmuller, musica di Nino Rota, interpretato dalla scatenata Rita Pavone del tempo, nella parte di Gian Burrasca, lo sceneggiato televisivo rappresentava un’ironica e in qualche modo disincantata lettura delle fin troppo ottimistiche attese e prospettive del miracolo economico e della nuova alleanza politica del centro-sinistra, quasi a suggerire una misura di distacco critico (e premonitore) grazie al ruolo esercitato nel Giornalino da un personaggio come l’avvocato Maralli, impiombato, nelle sue aspirazioni di conquista di un seggio parlamentare nelle fila del Partito Socialista del tempo, dall’innocente nonché intempestiva comunicazione alla stampa da parte di Gian Burrasca, cognato orgoglioso e intraprendente, che l’anticlericale avvocato socialista s’era sposato in chiesa  con la sorella del terribile giovinetto.

A distanza di 46 anni dallo sceneggiato televisivo prodotto in piena epoca di centro-sinistra, l’oggettività di una rappresentazione rivolta ad esaltare allora con la trasgressione delle convenzioni sociali, morali, e politiche dominanti, esemplificate dalla figura del Gian Burrasca del 1908, il diritto di cittadinanza alla libertà di espressione di ogni sensibilità individuale e a suo modo creativa, l’Atto unico costruito oggi da Lina Wertmuller e da Elio ha preferito sottolineare in Giovannino Stoppani, la necessità, in qualche modo disperata, della determinazione della verità, che forse soltanto i bambini, gli adolescenti, idest gli innocenti, sono in grado di raggiungere ed aderirvi.

Non a caso, quindi, riteniamo che la rappresentazione di questo Atto unico sia arrivata alla fine a Roma, quasi a voler sottolineare che nel luogo del potere politico nazionale oggi sono messi in campo proprio quei controvalori che intendono irretire e annullare qualsiasi aspirazione e diritto di accesso alle libertà democratiche, di partecipazione attiva e consapevole alla costruzione della vita politica di tutti gli italiani, pur di impedire di svelare così in tutta la sua miseria l’occultamento della verità e il suo rovesciamento nell’arbitrio e nell’autoritarismo.

In tale direzione ci sembra si sia mosso il senso dell’interpretazione teatrale di Elio, e del controcanto corale, a scena aperta – anch’esso felicemente inusuale –, degli altrettanto bravi e divertiti-divertenti music-attori che, prima dell’esibizione quasi-monologo di Elio, hanno eseguito magistralmente le fascinose musiche da film di Nino Rota.

Roma, 3 Marzo 2011                          Mario Valente

        

 

 

 

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