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Il
volume che l’accademico di Santa Cecilia Alberto Basso ha curato
con una ricchissima documentazione, oserei dire definitiva, sui viaggi
in Italia di W.A. Mozart in compagnia del padre Leopold, conclude in maniera
magistrale la serie di manifestazioni lirico-sinfoniche organizzate dalla
gloriosa istituzione musicale romana nel suo K Festival in occasione del
Mozartjahr 2006.
Grazie ad Alberto Basso, nella collana “L’arte armonica”,
diretta dallo stesso studioso, con l’apporto di Annalisa Bini, responsabile
editoriale, e di Roberto Grisley, coordinatore editoriale, l’Accademia
Nazio- nale di Santa Cecilia propone un vero e proprio affresco d’epoca
che avendo al suo centro i tre viaggi in Italia dei Mozart è in
grado di offrire la più completa ricostruzione sia delle motivazioni
artistiche e personali della loro discesa nella penisola, sia delle pulsioni
della società, dei gruppi intellettuali, del ceto politico nell’Italia
negli anni Settanta del XVIII secolo, documentando l’accoglienza
che ognuno di questi seppe riservare ai nostri viaggiatori.
Questi importanti
obiettivi sono realizzati da Alberto Basso ricomponendo studi, documenti,
testimonianze, vite ed opere di personaggi, via via prodotti dalla storiografia
dalla seconda metà dell’Ottocento fino ai nostri giorni, e indirizzando
la massa dei materiali documentari e iconografici raccolti, e qui offerti,
ad illuminare le storiche intenzionalità e i risultati artistico-culturali
delle tre visite dei Mozart in Italia.
Alberto
Basso offre così un vero e proprio compendio enciclopedico. Grazie ad
un opportuno indice analitico, possiamo consultare rapidamente e utilmente
le numerose voci riguardanti opere e personaggi dell’Italia del XVIII
secolo che influenzarono direttamente o indirettamente il viaggio dei
Mozart nella penisola. L’obiettivo e direi l’ambizione di questo esemplare
lavoro di collazione di studi, immagini, medaglioni di personaggi ed eventi
musicali e culturali, è quello di suscitare nel lettore il desiderio di
entrare e spalancare le porte, forse per molti ancora socchiuse, del magico
mondo delle arti e della musica in particolare nell’Europa della seconda
metà del Settecento, peraltro fortemente in debito con i maestri italiani,
oggetto di scoperte e viaggi non soltanto dei Mozart ma già da molti decenni
di nobili, intellettuali e studiosi da ogni parte di Europa. A titolo
di esempio valga esaminare, nella vasta schiera dei protagonisti dell’opera
in musica evocata grazie ai viaggi mozartiani, la configurazione, ovvero
silhouette qui assegnata a Pietro Metastasio, ragione non ultima
questa, bon gré-mal gré, della discesa dei Mozart in Italia:
Librettista quanto mai adatto a scrivere per musica (lui stesso componeva
spesso i suoi versi accompagnandosi al clavicembalo) , seppe restituire
grande dignità ai testi poetici, proprio perché fermamente convinto della
somma dignità della musica che li avrebbe rivestiti.
Alberto Basso cita, di seguito, un celeberrimo passo di una famosa lettera
di Metastasio allo Chastellux-Landau, Vienna, 29 gennaio 1766, in cui
il poeta esalta la musica: «ingegnosa, mirabile, incantatrice, capace
di produrre da sé sola portenti», tralasciando il musicologo di fare
considerare, per brevità e cioè nel contesto della scheda enciclopedica,
altri passi della medesima lettera nei quali il dominio della parola poetica
ovvero dell’intera composizione poetico-drammatica ha per il Poeta Cesareo
necessaria e prevalente funzione nello stabilire senso e significati comunicativi
rispetto tutti gli altri linguaggi artistici coinvolti, musica inclusa.
Scrive dunque Metastasio allo Chastellux:
L’esecuzione d’un dramma è difficilissima impresa, nella quale concorrono
tutte le belle arti, e queste, per assicurarne, quanto è possibile, il
successo, convien che eleggano un dittatore. Aspira per avventura la musica
a cotesta suprema magistratura? Abbiala in buon’ora, ma si incarichi ella
in tal caso della scelta del soggetto, dell’economia della favola; determini
i personaggi da introdursi, i caratteri e le situazioni loro; immagini
le decorazioni; inventi poi le sue cantilene, e commetta finalmente alla
poesia di scrivere i suoi versi a seconda di quelle. E se ricusa di farlo
perché di tante facoltà necessarie all’esecuzione d’un dramma non possiede
che la sola scienza dei suoni, lasci la dittatura a chi le ha tutte […]
ed ubbidisca.
A rendere ancora più esplicito il suo pensiero sul ruolo della poesia
nel teatro musicale del tempo, nella stessa lettera Metastasio conclude
quasi perentoriamente:
Se in cotesto teatro lirico si rappresenta un’azione, se vi si annoda,
se vi si scioglie una favola, se vi sono personaggi e caratteri, la musica
è in casa altrui, e non vi può far da padrona.
Alla luce quindi e soprattutto di questi giudizi – all’epoca largamente
condivisi dai gruppi nobiliari e intellettuali – andrebbero visti i doni
che il viceré di Milano, conte Giuseppe Carlo Firmian, nel febbraio 1770,
volle fare ai Mozart con i primi 9 volumi, lussuosamente rilegati delle
opere di Pietro Metastasio, pubblicati dalla Stamperia Reale di Torino
nel 1757, e non già, come osserva Alberto Basso, perché «Mozart stesso
lo ritenne un ideale modello di poeta». Come negare, infatti, la
stessa evidenza offerta nelle lettere di Leopold e Wolfgang Mozart nelle
quali a più riprese entrambi lamentano l’onnipresenza e quasi la pervasiva
occupazione da parte di artisti italiani, poeti, musicisti e cantanti,
di ogni ruolo in ogni teatro d’Europa? Semmai, rispetto a Metastasio,
la cui influenza sulle prospettive di incarichi di W.A. Mozart alla corte
viennese e in altri regni d’Europa non incise mai a contrastarne le ambizioni,
sia per motivi generazionali sia in particolare a causa dell’indole morale
dello stesso Poeta Cesareo, nonché per le mutate condizioni storico-politiche
a Vienna con il declinare dell’esercizio del potere da parte di Maria
Teresa, negli anni seguenti la morte del marito Francesco Stefano di Lorena,
mancano ancora le documentazioni circa i testi di Metastasio messi in
musica dal giovane Mozart, almeno quelle che possano completare – come
nel caso dell’oratorio Betulia liberata – le scelte compositive
del genio salisburghese, raffrontandole con quelle terminali, ad esempio,
operate nell’intonare La clemenza di Tito nel settembre 1791
in occasione dell’incoronazione a Praga di Leopoldo II. Anche se a I
Mozart in Italia non si può chiedere di rispondere a ciò che esula
dal periodo storico prescelto, pur tuttavia sarebbe stato auspicabile
rintracciare in questa pregevole strenna storiografica mozartiana l’apertura
e la segnalazione di documenti mirati alla ricostruzione effettiva del
climax storico-politico con il quale Leopold e Wolfgang Amadeus
Mozart ebbero a misurare le capacità di accoglienza, ascesa ed anche rottura
e rifiuto delle doti e capacità eccezionali, fuori del comune di quest’ultimo.
In definitiva, la stessa più autentica e profonda motivazione dei 3 viaggi
in Italia di padre e figlio Mozart intendeva scoprire le ragioni dell’egemonia
del teatro musicale in Europa da parte della tradizione italiana. A questa
domanda scientifico-storiografica il lavoro di Alberto Basso contribuisce
in maniera eccellente, stimolando la prosecuzione di studi e analisi future
attraverso la documentazione su ogni settore della ricezione in Italia
della musica del genio salisburghese. A partire quindi dalla enorme messe
di dati e informazioni raccolta, altri studiosi potranno costruire i collegamenti
storico-critici per rispondere esaustivamente alle questioni della Mozart-Debatte.
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