MARIO VALENTE

I musicisti nella vita di Pietro Metastasio
e nel suo epistolario

Prima parte

Capitolo I

L’incontro con la musica del poeta in nuce alla corte del cardinale Pietro Ottoboni, mecenate e vice-cancelliere della Chiesa

Nel 1708 con una singolare coincidenza di buone intenzioni Pietro Metastasio a dieci anni fu preso sotto l’ala protettiva di GianVincenzo Gravina. Il giureconsulto della “Sapienza”, amico e corrispondente di G.B. Vico, chiese e ottenne dal padre Felice Trapassi di adottarlo. Il legislatore dell’Accademia dell’Arcadia, ottimo amico del cardinale Pietro Ottoboni, pubblicava nello stesso anno 1708 Della Ragion poetica forse il suo lavoro più ambizioso di estetica letteraria e sul teatro drammatico. L’Ottoboni, cardinal-nepote di papa Alessandro VIII, aveva tenuto a battesimo in S. Lorenzo in Damaso il futuro Poeta Cesareo nell’aprile del 1698.

 

Un’altra coincidenza nient’affatto secondaria in quello stesso 1708 fu l’esecuzione dell’oratorio La Resurrezione (l’8 e il 9 di aprile, giorno di Pasqua e Lunedì dell’Angelo) messo in musica dal giovane sassone Georg Friedrich Haendel, rappresentato nel palazzo Bonelli allora in possesso del marchese, futuro principe di Cerveteri, Francesco Maria Ruspoli, naturalmente su ordine del nobile romano, e con il patrocinio, fra gli altri, dell’Ottoboni, già ospite del compositore tedesco al palazzo della Cancelleria insieme ad Agostino Steffani, Domenico Scarlatti, e Arcangelo Corelli.

Agostino Steffani

Arcangelo Corelli

A questa esecuzione assistè lo stesso giovanissimo poeta in nuce, invitato insieme a GianVincenzo Gravina dal cardinale Ottoboni.

Pietro Metastasio – in quel 1708 ancora peraltro noto al mondo con il paterno cognome Trapassi – alla severa scuola del dottissimo GianVincenzo Gravina, nella casa di questi in Via S. Anna dei Bresciani, apprendeva la conoscenza delle lingue e delle letterature latina e greca, studiava i classici della letteratura italiana, dalla riscoperta graviniana della Commedia di Dante Alighieri alla poesia dell’Ariosto e dell’amatissimo Torquato Tasso, e con la benevola condiscendenza del maestro che non amava particolarmente il teatro musicale, frequentava le accademie musicali e i concerti fatti tenere dal cardinale Ottoboni al Palazzo della Cancelleria con i compositori Corelli, ospite fisso del vice-cancelliere, Bernardo Pasquini e Alessandro Scarlatti, tra i pochissimi musicisti accolti nell’Accademia dell’Arcadia, Antonio Caldara, succeduto a G.F. Haendel nel favore della nobiltà romana, Francesco Gasparini, e Domenico Scarlatti, figlio del famosissimo Alessandro, ma già protagonista di una celebre gara con G.F. Haendel all’organo e al cembalo durante la visita a Roma del musicista sassone.

Antonio Caldara

Francesco Gasparini

 

Di lì a non molti anni dopo, uscito dalla fase adolescenziale e dopo la scomparsa nel 1718 del Gravina, Pietro Metastasio si sarebbe conquistato l’amicizia e la stima proprio di Francesco Gasparini, uno tra i compositori protagonisti della vita artistica al Palazzo della Cancelleria.

Gasparini, nativo di Camaiore in Lucchesia, trapiantatosi a Roma, dopo un notevole successo ottenuto a Venezia, con ogni probabilità ebbe il giovanissimo Metastasio tra i suoi allievi all’organo e al cembalo e gli insegnò certamente l’arte e la pratica del basso continuo nelle quali lo stesso Gasparini eccelleva.

In virtù delle benemerenze conquistate dall’allievo prediletto del Gravina anche con il suo rientro nell’Accademia dell’Arcadia nel 1718 – questa scelta di Metastasio sanava l’abbandono dell’Arcadia nel 1711 da parte del Gravina con la successiva nascita della concorrente Accademia dei Quirini nel 1714 – al musicista Gasparini non sarebbe affatto dispiaciuto averlo come genero dandogli in sposa la figlia Rosalia, con il pieno e convinto consenso del giovane poeta che, erede di gran parte della fortuna del giureconsulto della “Sapienza”, già preparava e firmava il contratto di matrimonio, quando all’ultimo momento la figlia del compositore rifiutò di sposarlo e gli preferì l’unione con un cantante, suo antico spasimante.

Perché abbiamo definito coincidenze nella primissima vita giovanile di Pietro Metastasio una serie di eventi che si riveleranno particolarmente propizi allo sviluppo di una carriera decisamente fortunata come autore letterario del teatro musicale, cioè delle rappresentazioni come i melodrammi, gli oratori e le feste teatrali, ossia delle manifestazioni artistiche favorite dal maggiore consenso di pubblico e quindi seguite da pressoché tutti i ceti sociali dell’epoca?

Una prima risposta, a nostro avviso, determinante per definire come coincidente con i profondi mutamenti apportati alla rappresentazione dell’allora imperante teatro barocco con il dramma per musica riformato da Pietro Metastasio, è la connessione/interazione tra la composizione musicale italiana resasi tra la fine del Seicento e i primi decenni del secolo successivo sempre più indipendente  dai vincoli formali del contrappunto, al tempo stesso, capace di elaborare le componenti fondamentali della forma sonata attraverso una libera invenzione dell’armonia e della melodia, con la razionalità verosimile del testo poetico-drammatico, a sua volta liberatosi decisamente dalle intrusioni sulla scena teatrale di un meraviglioso e sorprendente deus ex machina, del tutto estraneo alla storia scritta e rappresentata.

Johann Adolph Hasse

Leo Vinci

In qualche modo e in una certa misura allora, le esperienze musicali a Roma degli Stradella, Corelli, Pasquini, Alessandro e Domenico Scarlatti, G.F. Haendel, e a seguire dei Gasparini, Vivaldi, Leo Vinci, Hasse, Porpora, ossia l’intervento di alcuni tra i più significativi rappresentanti delle scuole musicali affermatesi a Venezia e a Napoli, offrirono le condizioni indispensabili ed opportune per il passaggio epocale a un teatro della narrazione di vicende verosimili, pur anco esemplate e ricavate dalla diffusa notorietà di testi storici, biblici e letterari propri della tradizione culturale romana e italiana.

Bernardo Pasquini

Antonio Vivaldi

In altri termini, la rappresentazione nel teatro musicale post-barocco riuscì a parlare di noi, ovvero di una comune tradizione culturale appartenente alla memoria e al sentire collettivo.

La musica, ovvero l’accompagnamento come prolungamento e rafforzamento di vicende in cui i caratteri dei personaggi vennero definiti da passioni e sentimenti che conferirono così senso e significato alla rappresentazione scenica, assunse un ruolo non meramente ed esclusivamente edonistico, a sé stante, poiché, anzi,  l’arte tonale interagì strettamente con la narrazione poetico-letteraria, fissandone ed esaltando i cambiamenti dell’azione teatrale.

La seconda risposta riguardo alle serie di straordinarie coincidenze a partire dall’anno mirabilis 1708 è nel dare al cardinale Pietro Ottoboni, padrino di battesimo di Pietro Trapassi-Metastasio, mecenate delle arti a Roma dal 1690 al 1740, il ruolo che gli spetta sia nella nascita e sviluppo dell’Accademia dell’Arcadia, il più rilevante sodalizio letterario nell’Italia del XVIII secolo, sia per avere affidato alle cure di GianVincenzo Gravina la formazione del suo figlioccio, prefigurando un destino e una carriera artistica di assoluta importanza nella tradizione storico-culturale dell’intera Europa.

In questa occasione possiamo soltanto limitarci a sottolineare quanto già abbiamo fatto emergere dalla scarna ed essenziale esposizione dei fatti culturali che ebbero protagonista il nipote del papa Alessandro VIII, il veneziano Pietro Vito Ottoboni.

Senza l’amicizia e la passione per Arcangelo Corelli e la sua musica, prima di tutto, ma insieme per la protezione e la stima nei riguardi di Alessandro Scarlatti, Bernardo Pasquini, G.F. Haendel, Domenico Scarlatti, Agostino Steffani, Antonio Caldara, Francesco Gasparini, Antonio Vivaldi – ospitato quest’ultimo durante la gestione del teatro Capranica tenuta dal factotum Polvino Faliconti – e, sul finire degli anni Venti, di Leo Vinci e di Niccolò Porpora, la musica a Roma non solo non avrebbe costituito per Pietro Metastasio la scoperta dell’unione indissolubile con la poesia per il dramma-non-tragico, ma l’arte tonale avrebbe corso il rischio di subire una sorta di diminutio capitis a fronte della superiore funzione letteraria, culturale e politica attribuita dai gruppi intellettuali e dai Gesuiti a quell’Accademia dell’Arcadia, alla cui nascita aveva contribuito in modo determinante lo stesso cardinale Pietro Ottoboni, vice-cancelliere della Chiesa.

Roma, aprile 2012                                     Mario Valente 

(segue)

 

 

 

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