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Lied in Sol Maggiore di L. van Beethoven
dalla cantata "Sei mio ben" di Pietro Metastasio |
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TRADUZIONE DI CRISTOFORO PRODAN
INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA DI
ROBERTO DIEM TIGANI
CON INTRODUZIONE DI SIEGHARD BRANDENBURG
Il comune
lettore, destinatario elettivo di questa pubblicazione tradotta in italiano
da Cristoforo Prodan, nell’avvicinarsi al nuovo catalogo Hess delle opere di
Beethoven, dovrà sobbarcarsi la non semplice quanto necessaria lettura di
ben sei introduzioni. La prima è quella di Roberto Diem Tigani, curatore
dell’edizione italiana del nuovo catalogo Hess per la Zecchini Editore in
Varese. La seconda è di Cristoforo Prodan che sottolinea il ruolo importante
e determinante svolto dall’avvocato Giovanni Biamonti nel licenziare nel
lontano 1953 la prima traduzione italiana della monumentale catalogazione
dello Hess dell’Opus beethoveniano per l’Annuario dell’Accademia Nazionale
di Santa Cecilia, pubblicazione questa tanto meritoria quanto oggi
introvabile per il numero assai esiguo di copie stampate all’epoca. Sieghard
Brandenburg firma la terza introduzione nella quale emerge in tutta la sua
statura il lavoro di un’intera vita di Willy Hess. Il musicologo e musicista
di Winterthur ha avuto il merito di acquisire all’Opus beethoveniano anche
parti di movimenti singoli, frammenti e schizzi che pur risultando
assolutamente non avvicinabili a forme di catalogazione come opere complete,
pur tuttavia hanno profondamente innovato la ricerca sull’intero corpus
musicale del genio di Bonn, dopo la catalogazione ottocentesca dovuta al
Nottebohm. La quarta introduzione è di James F. Green, ossia dell’autore
dell’edizione in inglese del catalogo Hess da cui è stata fatta la
traduzione italiana per i tipi dell’editore Zecchini. Il Green riassume sia
i pregi (molti) del catalogo Hess dalla prima edizione nel 1931 sino
all’ultima con appendici del 1957 sia i difetti (pochi) dovuti
all’inesausta opera di ricomposizione dello sterminato opus beethoveniano
che dovrà attendere il lavoro ancora di schiere di ricercatori e studiosi
per sperare un giorno nell’effettivo completamento del catalogo delle
musiche di Beethoven che, come è noto, furono messe all’asta e disperse per
il mondo, rendendo così il recupero dell’opera omnia del musicista di Bonn
oltremodo difficoltoso e ancora lungi appunto dall’essere completato. Il
lavoro innovativo del Green è consistito proprio nel completare ed
estendere, con l’apporto dei nuovi studi sull’Opus beethoveniano, quanto era
sfuggito, per così dire, o addirittura era stato anche talora travisato in
buona fede dallo studioso svizzero. L’interesse quindi di questa insolita
messe di introduzioni risiede proprio nel dare esse pienamente ragione e
contezza della storia culturale di questo recupero, avviato da illustri
studiosi in pieno Ottocento e dai centri di ricerca musicologica più
prestigiosi in Europa e nel mondo, ai quali si è aggiunta la catalogazione
di Willy Hess che ha potuto utilizzare grande parte dei risultati di
catalogazione acquisiti tra Otto e Novecento, come d’altronde è bene messo
in evidenza dalle due ultime introduzioni – la quinta e la sesta – nelle
quali, nella presente edizione italiana, lo studioso e musicista di
Winterthur ha modo di ripercorrere e riassumere con affabulante precisione
pressoché tutti i più rilevanti tentativi di catalogazione dell’Opus
beethoveniano.. La connotazione poi quasi affatto narrativa della
descrizione delle composizioni di Beethoven accolte nel catalogo Hess è il
tratto distintivo e, come a dire, il fascino e il merito del lavoro di
un’intera vita dello studioso. Fra i numerosi esempi che si potrebbero fare
di questa fascinosa catalogazione dello Hess, compendio di grande erudizione
e di passione senza limiti per la musica di Beethoven, mi sia consentito
soffermarmi sul capitolo dedicato alle Canzoni italiane a cappella (pp.
98-111) composte da Beethoven in numero di 32 – secondo la catalogazione
operata dal Thayer – in un periodo compreso tra il 1793 e il 1802 quando il
genio di Bonn apprendeva da Antonio Salieri i segreti compositivi del canto
italiano. I testi poetici sui quali Salieri faceva esercitare Beethoven sono
tutti, notoriamente, di Pietro Metastasio. Emerge così attraverso la
ricostruzione rigorosa e appassionata di Hess il debito contratto da
Beethoven e dalla Wiener Klassik, di cui il musicista fu quasi affatto
protagonista assoluto, nei confronti della tradizione italiana della musica
vocale, rappresentata appunto attraverso tutto il XVIII secolo dalla poesia
per il teatro musicale del poeta romano e Cesareo. Ma la frequentazione dei
versi di Metastasio da parte di Beethoven va ben oltre i primi anni
dell’Ottocento, se, come nota lo stesso Hess, egli ancora nel 1814 torna a
comporvi musica. Ad integrare le notazioni dello studioso svizzero e dello
stesso Green, sia consentito richiamare le osservazioni di Roman Vlad che
ricorda nel saggio, Metastasio, Salieri e la scuola viennese in La
tradizione classica nelle arti del XVIII secolo e la fortuna di
Metastasio a Vienna, a cura di M. Valente e E. Kanduth, Roma, Artemide,
2003, pp. 3-20; 9, come le Trentatré variazioni su un Valzer di A.
Diabelli, op. 120 per pianoforte, portate a termine nel 1823 e
pubblicate nell’anno successivo presentino «elementi riconducibili
inequivocabilmente a figure musicali che Beethoven aveva plasmato in origine
sui fonemi, sui metri e sulle frasi di Metastasio». Un altro tassello quindi
della ricostruzione dell’opera beethoveniana può essere riempito grazie alla
pubblicazione in italiano del catalogo Hess, capace di suscitare non solo
nel comune lettore ma anche negli studiosi e negli amanti della Wiener
Klassik le domande utili a scorgere e a proporre le correlazioni e le
interazioni tra la musica di Ludwig van Beethoven e la grande tradizione
della musica vocale italiana. È questo uno tra i tanti meriti rilevanti e
non trascurabili della pubblicazione di un catalogo come quello di Willy
Hess capace di offrire la mappa del percorso creativo di uno tra i
protagonisti assoluti della musica occidentale mediante un linguaggio
descrittivo e partecipativo non condizionato da tecnicismi specialistici e
da aride catalogazioni ma strutturato come vero e proprio work in
progress. Ed è proprio questo assetto che James F. Green ha saputo
garantire, offrendo integrazioni, commenti, correzioni e ampiamenti di
informazioni critiche, storiche e filologiche, tali da valorizzare una
catalogazione delle opere di Beethoven come quella ormai storica di Willy
Hess. |
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