In margine alle pubblicazioni per le
celebrazioni del 3° Centenario della nascita di Pompeo Batoni, cade a
proposito esporre
alcune perplessità, dubbi e ragioni a favore di un famoso dipinto,
precisamente quello conosciuto, fino agli anni Duemila, come Ritratto di
Pietro Metastasio, ed attribuito a Pompeo Batoni, appunto fino
alla vendita realizzata da Christie’s a Roma nel giugno 2000, trasferendone
però la titolarità autoriale a Martin van Mytens II, pittore di corte a
Vienna alla fine degli anni Quaranta del Settecento.
Prima di addentrarci nella
quaestio di
questa sorprendente nuova attribuzione, vale la pena di osservare che forse
proprio l’assenza di una controparte dell’antico nel Ritratto di Pietro
Metastasio ha condotto diversi studiosi – tra i quali uno tra i più
importanti studiosi oggi del Batoni, cioè Edgar Peters Bowron – a ritenere
senza alcun dubbio che il dipinto non è da attribuire al pittore lucchese.
Infatti, il Bowron così scriveva all’autore di queste note
nell’autunno 2007:
«Il ritratto di Metastasio è un dipinto
assolutamente superbo, ma sono sicuro che non è di Pompeo Batoni. Le Sue
osservazioni riguardo all’impossibilità che l’autore del quadro possa essere
Martin van Mytens sono verosimili e molto interessanti. Appena tornerò a
Houston, dopo le vacanze, farò delle ricerche in biblioteca e Le prometto
che Le comunicherò il vero autore del Ritratto di Pietro Metastasio.
Ho già qualche idea a riguardo. Edgar Peters Bowron».
Dopo questa lettera, purtroppo, il Bowron non
dava seguito alla promessa di trovare e rivelare l’autore del più famoso
ritratto dal vero di Pietro Metastasio.
Neppure nei cataloghi delle Mostre a
Houston-Londra e a Lucca la questione non unica e sola delle numerose
attribuzioni a Pompeo Batoni, e/o la scoperta di nuovi dipinti da assegnare
al lucchese, confortavano le celebrazioni del pittore – come ci si sarebbe
aspettato nella ricorrenza del 3° Centenario della nascita – mentre,
inaspettatamente, Francesco Petrucci nella Mostra a Castel Sant’Angelo, tra
dicembre 2008 e marzo 2009, e nel rispettivo Catalogo, Artisti a Roma
Ritratti di pittori scultori e architetti dal Rinascimento al
neoclassicismo, Roma, De Luca, 2008, presentava e faceva riprodurre un
dipinto settecentesco come nuovo ritratto di Pietro Metastasio, mai finora
conosciuto e noto agli studiosi, e attribuendone la paternità a Martin van
Mytens II in virtù della straordinaria somiglianza non già alla pennellata e
allo stile del pittore svedese, quanto piuttosto ritenendo la fisionomia
del volto del dipinto esposto a Castel Sant’Angelo pressoché identico a
quello del quadro venduto da Christie’s nel 2000. Ad ulteriore suffragio
della scoperta, il Petrucci citava nel Catalogo della Mostra di Castel
Sant’Angelo che già lo storico e critico della letteratura italiana, Walter
Binni, fin dal 1968, nel saggio Pietro Metastasio e l’Arcadia,
nella Storia della Letteratura italiana, a cura di Natalino Sapegno
e Emilio Cecchi, Milano, Garzanti, 1968, aveva attribuito a Martin van
Mytens il Ritratto di Pietro Metastasio, essendosi limitato il Binni
(o chi per lui) a fare apporre una mera e semplice didascalia sotto la
riproduzione in bianco e nero del dipinto.
A fronte di queste spericolate ipotesi e
dinanzi a “vere” attribuzioni mai come in questa occasione così scarsamente
documentate e fondate, a meno che non ci si voglia attenere con il Petrucci
alla “valutazione” dell’autore del dipinto al gratuito parere di un critico
letterario come Walter Binni, si rimane francamente stupefatti che sia stata
messa in dubbio, fino a cancellarla del tutto, l’expertise di uno tra
i più rilevanti collezionisti dell’arte classica italiana,
Charles
Fairfax Murray, storico dell’arte, pittore pre-raffaellita tra i più
interessanti della corrente artistica del secondo Ottocento, amico e
collaboratore di John Ruskin, consulente della National Gallery di Londra e
del Metropolitan Museum di New York, autore di scoperte in Italia di dipinti
del Beato Angelico e del Bronzino, nonché acquirente nel 1911 a Londra del
Ritratto di Pietro Metastasio, come dipinto di Pompeo Batoni.
Il quadro, sottoposto a sequestro dal Governo
fascista, insieme ad altre rilevantissime opere della collezione dello
storico e grande esperto d’arte, a seguito dello scoppio della II Guerra
mondiale e della dichiarazione di guerra dell’Italia alla Gran Bretagna nel
1940, fu restituito ai legittimi proprietari nel 1947 dal Governo della
Repubblica italiana e rimase in possesso del Murray e dei suoi eredi a Villa
Murray, Montebuoni, Firenze, fino agli inizi degli anni Novanta del secolo
passato.
Occorre
peraltro osservare che nell’atto
notarile di restituzione si asseverava a Pompeo Batoni il Ritratto di
Pietro Metastasio, e che il dipinto fu sempre riprodotto come opera del
pittore lucchese nelle più importanti Enciclopedie del mondo, tra cui la
stessa Enciclopedia Italiana Treccani.
Nel giugno 2000 il dipinto di cui gli eredi
Murray, consultati dallo scrivente, s’erano disfatti “perdendone qualsiasi
memoria”, ricomparve improvvisamente messo in vendita da Christie’s a Roma,
ma con attribuzione a Martin Van Mytens II, decretata dal Prof. Riccardo
Lattuada nel catalogo dell’asta, pur essendo priva tale attribuzione delle
necessarie testimonianze d’archivio, ossia di riscontri documentari
oggettivi.
Ad ogni buon conto, l’expertise del
Lattuada con la nuova attribuzione del ritratto di Pietro Metastasio a
Martin Van Mytens II deve aver fatto scuola, come si dice, se nove anni dopo
un secondo ritratto del Poeta Cesareo è stato di bel nuovo e temerariamente
attribuito al pittore svedese, nonostante la pressoché inesistente
somiglianza tra i due personaggi rappresentati.
L’evidente discordanza tra i due ritratti può
essere valutata ad occhio nudo, per così dire, da chiunque legga e visiti
queste pagine web e confronti le riproduzioni dei due dipinti.