Renato Mammucari
Settecento romano
Storia Muse Viaggiatori Artisti
Prefazione | Introduzione |
Claudio Strinati | Fabrizio Lemme |
Edimond, Città di castello
(Pg), 2005, pp. 379, € 55,00.
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Introdotta da Claudio Strinati e da Fabrizio Lemme, tra gli studiosi più affermati delle arti nella Roma del Settecento, la rassegna storica ed iconografica di Renato Mammucari si segnala alla nostra attenzione come una gioiosa quanto suggestiva galoppata sui personaggi, opere e istituzioni del secolo. Roma nel Settecento si trasforma con processi sempre più rapidi da luogo e centro rappresentativo della cattolicità in città residenziale in qualche modo capace di accogliere sia l’incessante e tumultuoso inurbamento dei paesani dall’agro romano, alla disperata ricerca di possibilità di lavoro e di sopravvivenza, sia schiere di viaggiatori provenienti da tutti i paesi dell’Europa desiderosi di scoprire nelle rovine gloriose della città eterna le reminiscenze della classicità e, al tempo stesso, di partecipare alla nascita di nuove opere di pittori, architetti, scultori, poeti e musicisti, prosecutori e innovatori della grande stagione artistica del barocco. Proposto in forma di raccolta iconografica di immagini e dipinti del Settecento come a suggerire una Mostra in fieri, il volume di Mammucari procede per grossi scorci narrativi in relazione al ruolo politico dominante dei pontefici nel XVIII secolo. Le prospettive di cambiamento del ruolo di Roma dal pontificato di Clemente XI sino a Pio VI debbono affrontare l’affermarsi in Europa sia della borghesia anglo-olandese a fianco e a sostegno delle rispettive monarchie, sia il manifestarsi di un assolutismo provvidenziale e “illuminato” nei tradizionali sistemi di potere dell’ancien régime. A questo proposito la ricca documentazione di immagini, a volte preziosa per i contributi iconografici poco conosciuti o addirittura inediti, non segue lo sviluppo storico-diacronico e risulta perciò spiazzante per il lettore comune, poiché essa preferisce accompagnare nuclei tematici in forma di medaglioni d’epoca piuttosto che illustrare e fornire strumenti di analisi e di giudizio sui processi politico-culturali a Roma nel Settecento, nel quale il papato cercherà di costituirsi in potere secolare quasi alla stregua delle moderne monarchie d’Europa. Questa sorta di sfasatura tra ricostruzione storico-politica e congrua e corrispondente iconografia di supporto è, ad esempio, evidente nel medaglione-tema di Clemente XIV, papa Ganganelli, del quale l’autore tratteggia più gli aspetti coloristici (la caduta da cavallo presso l’Arco di Settimio Severo) e quasi il cedere alle pressioni delle monarchie europee nello sciogliere la Compagnia di Gesù al fine di riacquisire, in cambio, territori perduti dalla Chiesa, piuttosto che vagliare l’autentica ispirazione teologico-dottrinaria del pontefice, formatosi alla scuola di Iano Planco e dell’Amaduzzi e con questi ed altri (Mons. Garampi) autore forse dell’ultimo tentativo, in epoca moderna, di realizzare una riforma morale e religiosa di tutti gli apparati e dell’organizzazione della Chiesa cattolica. Sia Iano Planco quindi che l'Amaduzzi e mons. Garampi sono del tutto ignorati nella composizione dell'affresco di Clemente XIV. Anche a proposito dell’apporto alla funzione laico-universale di Roma nel Settecento assolta dal teatro musicale, sorprende non poco che il Mammucari si limiti nel paragrafo intitolato Dai salmi al melodramma, all’interno del II capitolo Le Muse, alla sommaria considerazione che i musicisti a seguito dell’apertura di un teatro pubblico come l’Argentina «non aspiravano più a diventare maestri di cappella di qualche più o meno importante chiesa per la quale scrivere mottetti, messe o salmi, ma attendevano con ansia l’incarico di scrivere un’opera o un melodramma, e non da una famiglia nobile, ma da una nuova categoria sorta all’unisono, ossia gli impresari teatrali, i quali a loro volta ‘inventarono’ i librettisti » (p. 129). Tale interpretazione è condizionata più da una lettura di tipo sociologico che da una effettiva ed oggettiva ricognizione ed analisi dei dati e degli eventi storici e culturali del tempo. Sarebbe stato sufficiente per una considerazione più appropriata e congrua del ruolo del teatro musicale nella Roma del Settecento, non solo nei teatri privati ma anche nelle congregazioni religiose (ad es. all’Oratorio dei Rev.mi padri di San Filippo Neri), esaminare, anche nell’iconografia, personaggi come Pietro Metastasio e il cardinale Pietro Ottoboni e le loro opere, sia fatte allestire a Roma durante la loro vita e la loro permanenza nella città eterna, sia lontano da questa, come appunto nel caso del poeta nato nei pressi di Campo de’ Fiori, divenuto dal 1730 alla sua morte nel 1782 Poeta Cesareo a Vienna degli Asburgo. Il vero e proprio caleidoscopio artistico e culturale propostoci qui da Renato Mammucari, alla luce delle stimolanti considerazioni che nell’introduzione Fabrizio Lemme espone con una certa ansiosa aspettativa, forse risente ancora della relativa separatezza a compartimenti stagni degli studi nella comparazione e interazione avvenuta tra i linguaggi delle arti nel corso del XVIII secolo a Roma, tanto da farci ritenere che una decodificazione storico-critica completa ed esaustiva del senso e dei significati comunicati dal linguaggio della pittura in questo secolo debba ancora meritare approfondimenti a fronte in particolare della pretesa e presunta condizione di arretramento culturale, sociale e politico della Chiesa. Difatti, il ruolo determinante di questa a riguardo della funzione sociale delle arti nel Settecento, nel processo di secolarizzazione dei suoi poteri, è ancora tutto da scoprire e valutare, sine ira et studio. |
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